
Refaat Taher El Driny e la moglie Arabella Masiero gestiscono l’Arte del Moro
di Marianna Vazzana
Il negozio di bigiotteria e altri articoli artigianali realizzati a mano “L’arte del Moro“ ha i giorni contati: il titolare Refaat Taher El Driny e la moglie Arabella Masiero dovranno chiudere i battenti martedì 30 giugno, restituendo ad Atm lo spazio preso in affitto nel 2006 nel corridoio della stazione di largo Cairoli, tra i tornelli del metrò e l’uscita verso via Dante.
"Il contratto è scaduto e non sarà rinnovato", spiega Refaat, 48 anni, arrivato dall’Egitto a Milano per amore nel 2002.
Nel suo laboratorio crea gioielli per tutte le tasche sperimentando tecniche varie, tra cui quella della "sabbia compressa" che ricalca un’antica arte utilizzata per le statue dei faraoni, ma anche calamite e souvenir realizzati con colate di gesso e stampi. In più collabora con designer e studenti ed effettua piccole riparazioni. "Mi è capitato di ‘salvare’ persone indaffarate, di corsa per andare al lavoro, disperate perché si era rotta una collana o si era staccato uno strass".
Refaat e la moglie hanno chiesto ad Atm di poter restare, "alla scadenza del contratto abbiamo pagato l’indennità di occupazione, poi quando ci è arrivato lo sfratto siamo andati in Tribunale. Ma niente da fare". Con accanto l’avvocato Sara Memola hanno ottenuto in autunno solo una proroga sul rilascio. E la data è il 30 giugno. I titolari e molti abitanti del quartiere sperano però che si trovi una soluzione per tenere vivo il negozio: con una petizione on line sono state raccolte 284 firme. "Le persone sono affezionate a noi, perché qui trovano un servizio particolare ma anche cortesia e sorrisi", dice Arabella.
Ieri mattina una cliente sessantacinquenne aveva gli occhi lucidi: "Refaat è uno dei pochi artigiani rimasti in centro, con prezzi accessibili. E porta avanti una filosofia: le cose rotte si aggiustano".
Nella petizione c’è scritto che "ha collaborato all’esecuzione di opere di artisti milanesi come la stilista Cinzia Ruggeri" e che "fa un lavoro di ricerca iconica, che valorizza Milano. Aiutiamolo". La richiesta dei titolari è poter restare o, in alternativa, avere in concessione un altro spazio. "Atm aveva avanzato la proposta di una sede alternativa, accettata dai miei assistiti, ma poi ha fatto retromarcia", sottolinea l’avvocato Memola. Atm risponde al Giorno che "il contratto di locazione era scaduto" e che "gli impianti non sono a norma".
Sottolinea anche che "nei tre mesi di emergenza Covid il pagamento dell’affitto è stato sospeso" e che "il rilascio è stato concordato entro il 30 giugno". Ma c’è un dialogo aperto, che non esclude la possibilità di trovare una soluzione per far continuare a vivere “L’arte del moro“.© RIPRODUZIONE RISERVATA