SIMONA
Cronaca

Sette lettere dal vescovo a Milano: "Bella e drammatica, ora un’alleanza"

In un libro i messaggi di Mario Delpini al termine del viaggio pastorale tra 172 parrocchie di tutti i quartieri

Sette lettere dal vescovo a Milano: "Bella e drammatica, ora un’alleanza"

Sette lettere dal vescovo a Milano: "Bella e drammatica, ora un’alleanza"

Ballatore

“Sette lettere per Milano”, perché Milano non è una sola. "Ho visto molte città, volti, situazioni, storie, feste, gemiti": così scrive l’arcivescovo Mario Delpini a chiusura della sua visita pastorale, un viaggio tra 172 parrocchie e lungo tutto i quartieri, che ha avuto inizio a gennaio dello scorso anno ed è durato un anno e mezzo. "Continuo però ad abitare e visitare la città, a partecipare alla sua vita intensa, bella e drammatica, ricca di potenzialità e di frustrazioni, attraente e rumorosa, inquietante e provocatoria", sottolinea Delpini. Ispirandosi ai primi capitoli del libro dell’Apocalisse, l’arcivescovo ha scritto alle "sette Chiese" rivolgendo un messaggio alle diverse anime della città: "Raccolgo confidenze di situazioni penose, evidenti e nascoste. Incrocio sguardi e sorrisi, parole di gratitudine e testimonianze di fede. Indovino anche freddezze, risentimenti, critiche. Insomma, vivo in città".

Le “Sette lettere per Milano” sono racchiuse ora in un libro, edito dal Centro Ambrosiano nel giorno della festa di San Carlo Borromeo, compatrono di Milano e della Diocesi, e disponibile nelle librerie religiose. Un ritratto di Milano, tra luci e ombre: "Ho trovato molte ragioni per rallegrarmi", scrive l’arcivescovo, raccontando di una comunità cristiana "attiva, apprezzata e generosa", ma lungo il cammino ha incontrato anche tante "domande, povertà e tristezze". C’è il tema dell’abitare e delle radici nella prima lettera: "Vedi e patisci l’andare e venire di chi non trova casa, di chi ha troppe case, di chi è lontano da casa". C’è la "città dei ricchi" in quella successiva, con la sua "diseguaglianza scandalosa" ma anche i suoi "benefattori, che nei secoli hanno dato vita e sostenuto ammirevoli istituzioni al servizio di tutti", "uomini e donne che vivono la loro condizione come responsabilità di prendersi cura di tutti, di mettere a frutto i loro beni perché diventino beni comuni, producendo condizioni giuste di lavoro, opportunità di sviluppo per la città, solidarietà generosa con i poveri della città e i poveri del pianeta".

L’arcivescovo ripercorre la città della solidarietà e della carità, ma tra le mani strette in 140 giorni di incontri ha "avvertito un velo di tristezza, segni di malumore, forme di scoraggiamento e di tristezza". In un contesto in cui diminuiscono i volontari e manca il ricambio generazionale, ci sono "povertà inedite" e "si ha l’impressione che le diverse forme di povertà si accumulino": "Rispetto ai bisogni e alle richieste si insinua un senso di impotenza e di sproporzione che può paralizzare la solidarietà", sottolinea ancora l’arcivescovo incoraggiando i volontari e le forme spontanee di solidarietà. Si sofferma poi sulle "ferite aperte" e dedica una missiva alla "città dell’innovazione", delle università e della ricerca.

Non dimentica "le molte solitudini che appaiono e scompaiono nella città frettolosa", invitando i milanesi a "praticare l’arte del buon vicinato": "Le comunità possono anche inventare, con realismo e intelligenza, forme nuove di condivisione degli spazi per evitare lo scandalo di case troppo vuote e di troppe persone senza casa". A chiusura delle sette lettere, una benedizione che "non è una parola magica per qualche scaramanzia" ma "una dichiarazione di alleanza" "per il bene della città e per il suo futuro". Che rilancia anche al mondo delle banche, ripubblicando il discorso pronunciato il 25 settembre a Palazzo Marino, nella seduta straordinaria del Consiglio comunale con il gotha della finanza.