ANDREA GIANNI
Cronaca

Se la casa è un’utopia. Affitto e spazi condivisi fino a 40 anni (e più): "Costretti dalla precarietà"

La ricerca di Fondazione Feltrinelli: scelte di vita “fluide“ obbligate dai costi "I giovani cambiano città sempre più spesso, è difficile mettere radici".

Se la casa è un’utopia. Affitto e spazi condivisi fino a 40 anni (e più): "Costretti dalla precarietà"

Se la casa è un’utopia. Affitto e spazi condivisi fino a 40 anni (e più): "Costretti dalla precarietà"

La casa di proprietà è quasi un’utopia per chi ha meno di 40 anni e uno stipendio nella media a Milano, la scelta di vivere in affitto o di optare verso "forme di abitare collaborativo" è obbligata dalla "precarietà economica e lavorativa". Ci si muove di più, si cambia città più di frequente rispetto al passato, e la difficoltà nel mettere radici stabili è tra i fattori che portano a rimandare la scelta di creare una famiglia e di fare figli. Un quadro che emerge dalla ricerca Abitare Fluido realizzata da Fondazione Feltrinelli con il supporto di Fondazione Cariplo, raccogliendo e analizzando le interviste di 500 giovani di età compresa fra 23 e 40 anni, con successivi workshop a Milano e Torino. Il rapporto evidenzia come il trend di mobilità giovanile sia crescente: aumentano le persone che preferiscono vivere in affitto anziché possedere la casa. E questo accade, soprattutto, a causa della precarietà economica e lavorativa che incide nella scelta di affitto per il 42%. Fino a pochi decenni fa le persone abitavano una o due case in tutta la vita, quella della famiglia di origine e quella della famiglia di “destinazione”. "Oggi pensare che si possa cambiare modo di abitare in relazione alle diverse fasi della vita non è più così eccezionale – evidenzia la ricerca curata da Silvia Cafora – il curriculum abitativo di ognuno di noi si sta infatti ampliando e dirigendo verso modelli di “abitare fluido”".

Dallo studio emerge come il 50% degli intervistati abbia cambiato la città di residenza negli ultimi dieci anni, il 70% almeno una volta nella vita. Il 41%, dei giovani, oggi, guarda con interesse modalità abitative collaborative; il 32% valuterebbe la possibilità di vivere in una casa in affitto con un progetto collaborativo mentre il 38% in una casa di proprietà con un progetto collaborativo. Servizi e spazi in condivisione, con modalità dettate dalla necessità di risparmiare e mettere in comune le risorse. La ricerca ha scandagliato anche le problematiche legate alle case in cui si vive. In generale, il 62% degli intervistati ritiene che la sua abitazione non sia adatta allo studio e al lavoro da casa.

Il tema della casa, in questo caso popolare, è al centro anche di una ricerca condotta da Bocconi e Politecnico, sempre finanziata da Fondazione Cariplo. Lo studio combina i dati quantitativi del profilo degli inquilini delle case Aler a Milano con oltre cento interviste sul campo svolte in due quartieri della città (Stadera e San Siro), e "restituisce con evidenza il valore sociale generato dai servizi abitativi". L’analisi dei dati mette in luce una frattura generazionale tra gli inquilini storici e i nuovi inquilini. I primi sono tipicamente italiani (80%), spesso pensionati (46%) che vivono soli (40% dei casi) e in condizioni economiche modeste (reddito medio di circa 12.000 euro annui per chi vive solo), che hanno avuto ingresso in un tempo in cui la casa pubblica non era per profili indigenti. I secondi sono per lo più stranieri, sono più giovani e inseriti in nuclei familiari più numerosi e maggiormente esposti a rischi di povertà (reddito medio di circa 3.200 euro per capite tra le famiglie di 4 o più persone). "Questa polarizzazione – sottolinea la ricerca – è l’esito di un sistema che ha smesso di immettere nuove case pubbliche e dove l’esiguo turnover di unità immobiliari non basta a rispondere ad un bisogno crescente".