Scuola, Milano-Catanzaro: destini incrociati. "Io, nell’aula di papà 50 anni dopo"

La chiamata a 1.200 chilometri da casa e la sorpresa: Giulia insegna alla Perasso, la scuola frequentata dal padre

Giulia e la classe del babbo

Giulia e la classe del babbo

Milano, 10 febbraio 2023 - La cartina geografica dell’Italia era appesa alle sue spalle: Pino la ricorda ancora, come pure il grande pianoforte al centro dell’aula di musica e il direttore della scuola elementare Perasso di Crescenzago, "un omone alto con gli occhiali". Nato a Milano nel 1961 da genitori calabresi, negli anni Ottanta Giuseppe Ascone è tornato in un paesino di tremila anime in provincia di Catanzaro per lavoro e per amore. Lì ha messo su famiglia. Destino vuole che, cinquant’anni dopo, in quelle stesse aule, ci torni la figlia, come insegnante. Giulia, 27 anni, è partita alla volta di Milano tre anni fa, subito dopo la laurea in Scienze della Formazione. "Non pensavo di capitare in una realtà così grande, anche se in cuor mio sapevo che avrei dovuto lasciare la mia terra per realizzare il mio sogno - racconta -. Per una settimana, in attesa delle nomine, sono finita ad Assago. Poi è arrivata la destinazione, ed è stata una sorpresa. Tra mille scuole non pensavo certo di finire lì". Istituto comprensivo Perasso, la scuola di papà. "Appena gliel’ho detto si è commosso e mi ha subito mandato la sua foto in bianco e nero con la cartina geografica alle spalle", sorride maestra Giulia. Che quest’anno, dopo avere insegnato matematica, è entrata in ruolo sul sostegno proprio alla Perasso. "E sono contentissima - sottolinea lei - mi sono specializzata sul sostegno e mi dà tante soddisfazioni. Deve piacere e devi prepararti, non si può fare ‘giusto per’. Sono bimbi che hanno bisogno ancora più di altri".

"Io ho frequentato la prima e la seconda elementare in via Bottego - racconta papà Pino, lo chiamano tutti così, dai tempi della scuola -. Dalla terza ci spostarono all’Istituto San Giuseppe, che presero in affitto, perché eravamo in troppi e non avevano ancora costruito la nuova ala della Perasso".

Il nome della maestra non lo ricorda più, quello della sua compagna Daniela sì. "Ma non avevo speranze", sorride lui. Prima e seconda in classi miste, dalla terza tutti maschi. Materia preferita: geografia. "Ricordo l’intervallo in cortile a giocare a bocce, la fontanella col drago, i pomeriggi spensierati tra i palazzoni di Crescenzago e la parola ’macchina’ che urlavamo quando giocavamo in strada e passava un’auto, per farle largo. Oggi si dovrebbe urlare il contrario: ’Bambino’. È cambiato il mondo. Tornavamo a casa neri come il carbone. Andavamo tutti nella stessa scuola, eravamo una famiglia allargata". E poi l’enciclopedia comprata a rate, per avere una cartina d’Italia e del mondo “mignon“ anche a casa. "Il direttore un giorno ci disse, serio: ’Pesa più un chilo di ferro o un chilo di fieno? Ci cascammo tutti. E come ci rimanemmo male", ricorda ancora Pino. "Erano bei tempi - sospira -. A scuola c’era forse più rispetto e ci facevano sognare. Ecco, se posso dare un consiglio a mia figlia è questo: non smettere di sognare Giulia. Perché solo così riuscirai a fare sognare pure i tuoi alunni".

"È il lavoro della mia vita - confessa lei, con gli occhi che brillano -. Non farei altro. Da piccola ho anche sognato di fare la veterinaria o la scienziata: un giorno presi la camicia bianca di mio papà e la tagliuzzai con le forbici per farmi un camice. Poi ho capito: voglio fare l’insegnante, punto. E mi sono messa a studiare. Cinquanta esami, la certezza di dover partire, lo stipendio che non tiene conto del carovita milanese, mille sacrifici. Ma alla Perasso... mi sento a casa".

 

 

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