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Milano - È passato un anno dalla prima "Dad", acronimo ormai entrato nel vocabolario, ma la didattica a distanza resta d’emergenza e la nuova settimana da remoto si apre non solo con le proteste in piazza e i “girotondi“ delle famiglie, ma nel caos. A cominciare dai pochi alunni in presenza ieri, che da questa mattina dovranno fare dietrofront. Al portone bussano figli di infermieri, medici, di tecnici delle telecomunicazioni, di addetti del settore alimentare: avevano fatto richiesta alla loro scuola, sulla base di una nota ministeriale del 4 marzo (già realtà da novembre, ma pochissimi ne erano a conoscenza e la avevamo applicata nei mesi scorsi, ndr): deroga alla Dad per personale sanitario in prima linea nella lotta alla pandemia, ma anche per lavoratori dei settori "essenziali". Su questo aggettivo si è aperto un mondo, fra fiumi di richieste di definizioni, raccolte firme contro una possibile “discriminazione“ delle poche categorie di fatto non presenti nei codici Ateco, rimpallo delle richieste di delucidazioni dalla Regione e dall’ufficio scolastico regionale a Roma. Con freno a mano tirato nella tarda serata di domenica dal ministero e nota arrivata dal provveditorato ieri mattina, quando le scuole che erano state più solerti stavano aprendo le porte.
L’ordine dei medici punta il dito contro il "pasticciaccio" e chiede un ripensamento come l’Associazione Nazionale Magistrati che chiede una deroga alla Dad per i figli dei colleghi. Ancora una volta weekend lavorativo a scuola e meno di 12 ore di preavviso. Con altra “beffa“: domenica è arrivata ai dirigenti anche una nota di Milano Ristorazione che chiedeva di compilare un modulo indicando anche i figli delle categorie “essenziali“ in presenza, per capire se riattivare la mensa. "Non potevamo rimandare gli alunni indietro – scuote la testa la preside della Perasso, Antonella Caleffi – per oggi (ieri, ndr) li abbiamo accolti comunque. Sono solo una decina. Ma da domani potranno partecipare in presenza solo i bambini con bisogni educativi speciali e disabili che ne fanno richiesta". Altra eccezione: i laboratori. "E li abbiamo nelle nostre due scuole medie, da quello musicale a quello di falegnameria – ricorda Caleffi –. Arriveranno a piccoli gruppi. Certo ci saremmo risparmiati questo tira e molla e la delusione delle famiglie".
"Abbiamo finito di raccogliere le richieste dei genitori che lavorano nel settore sanitario alle 19 di domenica, proprio quando è arrivata la nota del Ministero", racconta anche Francesco Muraro, dirigente dell’Istituto comprensivo Giacosa. "In presenza ora abbiamo il 15% di alunni con bisogni educativi speciali, per gli altri c‘è la didattica a distanza nel numero di ore previsto – aggiunge –. La macchina è partita un po‘ scoppiettando e sono grato ai miei docenti che hanno lavorato senza sosta". Quanto a pc e tablet per seguire la Dad, "su 650 famiglie che hanno risposto, un quarto ha dichiarato di averne bisogno e ne distribuiremo circa 180. Dallo scorso marzo, grazie a bandi e donazioni, abbiamo raccolto 225 dispositivi ma una parte serve per docenti e didattica in presenza. E dobbiamo cercare soluzioni per le connessioni internet: non tutti ne hanno una adeguata". Angelo Lucio Rossi, che dirige l‘Istituto comprensivo Alda Merini tra la zona di viale Certosa e Villapizzone punta a "favorire la rotazione di piccoli gruppi per partecipare ai laboratori in presenza. Continueremo ad accogliere i ragazzi nel pomeriggio, nel rispetto delle norme, in collaborazione con Exodus: ci sono attività per lo studio, sportive e artistiche. Pure una radio web. Mai come in questo periodo i ragazzi vogliono venire a scuola". A chi può, chiede di donare pc per la Dad: "Le richieste sono parecchie".
Un anno dopo mancano ancora dispositivi, le famiglie fanno le acrobazie per passarsi pc e connettersi nell’ora prevista. Perché anche il calendario scolastico sembra un “Tetris“. Dieci le ore di Dad minime previste alla settimana in prima elementare; 15 dalla seconda in su e alle medie; 20 alle superiori. "Troppo poche – scuote la testa un gruppetto di mamme in protesta sotto Palazzo Lombardia – quante lacune e che caos". "Vogliamo la scuola in presenza – tuonano rivolti alla Regione –: anche per i bimbi con disabilità che verranno accolti in presenza non è garantita inclusione. Non è scuola". In piazza c’è anche Roberta di Palma, col pancione: dieci giorni al termine, figlia in seconda elementare in Dad a Bresso. "Ma per tre ore al giorno – sottolinea –. Appena ha saputo che le scuole chiudevano ancora è scoppiata a piangere, le manca tutto. L’anno scorso non ha finito la prima e adesso? L’ennesima sconfitta. Sta per nascere la mia seconda: che futuro le stiamo offrendo?".