Dipendente sala Bingo in sciopero della fame: "Tutti riaprono e noi no"

La protesta di Antonella, 37 anni, davanti alla Regione Lombardia: continuerò finché Conte non firmerà un decreto che autorizzi la riapertura

Palazzo Regione Lombardia

Palazzo Regione Lombardia

Milano, 3 giugno 2020 - È cominciato questa mattina, davanti alla Regione Lombardia, il primo sciopero della fame per una dipendente del settore del gioco pubblico in Italia. Antonella Di Fiore, lavoratrice 37enne di una sala bingo di Milano, ha dato inizio alla protesta per sensibilizzare la politica sul trattamento riservato ai lavoratori del gioco legale, che dopo tre mesi di lockdown ancora non possono riprendere la propria attività, nonostante il resto d'Italia sia ripartito.

"È un gesto estremo per dare visibilità a noi che siamo lavoratori invisibili - ha raccontato Antonella, che da 5 anni lavora nella sala bingo Zara del capoluogo lombardo -. Da quando ho perso il lavoro, a causa della chiusura delle sale per l'emergenza coronavirus, invio mail a politici, programmi tv, giornali, ma senza avere risposta, anzi mi sono sentita attaccare il telefono in faccia più volte. Come se questo settore non avesse una dignità, come se non desse lavoro a persone e famiglie in tutta Italia. Ho chiesto aiuto anche ai sindacati, ma mi hanno risposto con un generico 'ce ne occuperemo'. Ma io voglio risposte subito, non posso più aspettare, voglio tornare a lavorare". 

"Siamo stati lasciati soli - continua la lavoratrice -. Moltissime attività hanno già riaperto o riapriranno a breve, addirittura le discoteche, mentre noi no. È come se il Covid esistesse solamente per noi lavoratori del gioco. Lo Stato non si rende conto che chiudendo noi si rischia di rimettere il settore in mano alla criminalità. Non è giusto demonizzare in questo modo il gioco, che garantisce 11 miliardi di entrate erariali all'anno e dà lavoro a 120 mila persone. Non cesserò lo sciopero della fame finché il premier Conte non firmerà un Dpcm che autorizzi il settore del gioco a riprendere a lavorare, sono disposta a lasciarmi morire"

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