NICOLA PALMA
Cronaca

Scala, nuovo lockdown con vista sulla Prima

Verso lo stop alle attività teatrali: ipotesi Fis per i lavoratori. Meyer punta al 7 dicembre per dare un segnale di speranza al mondo

di Nicola Palma

I primi nove casi di contagio tra le coriste. I due casi tra i fiati dell’orchestra, poi diventati tre. Un intero corpo artistico in quarantena e un quarto dell’altro a casa. I conti sul calendario per calcolare i giorni mancanti al debutto della Bohème e le riflessioni sull’opportunità di mettere in scena quasi senza prove l’opera pucciniana. Poi è arrivata nel tardo pomeriggio la bozza del nuovo decreto della Presidenza del Consiglio a spazzare via le residue velleità di continuare a tenere il sipario alzato in piena pandemia: si va verso lo stop alle attività teatrali su tutto il territorio nazionale fino alla fine di novembre. È la sintesi della giornata ad alta tensione vissuta ieri dai vertici del Piermarini, che fino all’ultimo, sovrintendente Dominique Meyer in testa, hanno provato a tenere in piedi la programmazione autunnale, nonostante l’indubbio affanno economico generato dalla riduzione dei posti e dalla conseguente contrazione degli incassi.

Le anticipazioni sul provvedimento di Palazzo Chigi hanno consigliato una volta di più a dirigenza, lavoratori e sindacati di concentrarsi sull’unico obiettivo che al momento valga veramente la pena di proteggere: la Prima del 7 dicembre. Da oggi gli sforzi dell’intera macchina scaligera verranno convogliati soprattutto sulla data-chiave per il Piermarini, per Milano e per l’Italia: Sant’Ambrogio. Salvare l’inaugurazione è l’obiettivo dichiarato di Meyer; e la sensazione, sia pure legata al momento e suscettibile di cambiamenti in caso di lockdown prolungato, è che la Prima si farà. Il titolo scelto, Lucia di Lammermoor, si presta all’operazione: coro e orchestra a ranghi ridotti, pochi attori in scena rispetto alla media e musica tutto sommato nelle corde di chi dovrà eseguirla. Certo, ragionano in via Filodrammatici, sarebbe importante la presenza del pubblico, ma non indispensabile: la diretta televisiva è garantita da un contratto con la Rai, e quest’anno la messa in onda della rappresentazione acquisirebbe un enorme valore aggiunto sia nel nostro Paese che nel resto del mondo. Il messaggio è chiarissimo: il 7 dicembre si trasformerebbe in uno spot planetario per l’intero mondo della cultura, che sta vivendo non solo a queste latitudini una crisi profondissima e che vedrebbe nella Scala il simbolo di un movimento che non si rassegna al virus. "Faremo il possibile per fare la Prima e il Concerto di Natale", chiarisce Giuseppe Veneziano, delegato Uil. Discorsi futuribili, certo, ma la linea è questa.

Ora il presente. Venerdì sera, sono emersi i nove casi tra le cantanti del Coro, come anticipato dal Giorno: l’esito dei tamponi (quello degli uomini si avrà stamattina) è stato subito comunicato all’Ats Metropolitana, che ha disposto la quarantena per tutto il corpo artistico. Nelle ore precedenti, erano già state accertate due positività nella sezione fiati dell’orchestra, tanto che giovedì un allievo dell’Accademia era stato reclutato in extremis per coprire il buco al recital straordinario di Jonas Kaufmann. Ieri è arrivato il terzo infettato: l’intera sezione è finita in isolamento (una trentina di persone) su disposizione delle autorità sanitarie; in più, Meyer, da sempre attentissimo ai protocolli di sicurezza, ha disposto d’intesa con il medico aziendale Terenzio Cassina e con il direttore del Dipartimento di Malattie infettive del Sacco Giuliano Rizzardini un ulteriore giro precauzionale di test naso-faringei per tutta l’orchestra. I tre casi tra i fiati hanno avuto come immediata conseguenza la cancellazione dei due concerti della Filarmonica (associazione privata di cui fanno parte tanti professori dell’ensemble scaligera) con il maestro Pablo Heras-Casado, in programma oggi alle 11 e alle 20. E il resto delle serate in cartellone? I ragionamenti sulla compatibilità tra la quarantena obbligatoria per cantanti e musicisti e l’esordio di Bohème del 4 novembre sono stati superati dalla bozza del Dpcm: si va verso la chiusura, come a marzo.

E come a marzo ci sarà da discutere coi sindacati per trovare un modo per garantire la paga mensile ai dipendenti: l’ipotesi più probabile è che il teatro torni a ricorrere al Fis (fondo integrativo salariale), anche perché l’intesa del 2 maggio è ancora valida. Certo, c’è una variabile da considerare: all’epoca, il Piermarini era riuscito a integrare la quota garantita dall’ammortizzatore sociale (fino a un massimo di mille euro) fino all’80% dello stipendio. "La nostra priorità resta la difesa dei salari, come abbiamo fatto qualche mese fa", chiarisce Paolo Puglisi, Slc-Cgil. Che poi aggiunge: "Il Governo deve sostenere lo spettacolo dal vivo in questa fase con una sostanziosa integrazione ai fondi già stanziati: solo così potremo restare in piedi".