SIMONA BALLATORE
Cronaca

Nella sabbia l’ansia della guerra. Ma anche un gioco per superarla

Il team di esperti che porta il “sandwork espressivo” ai bimbi ucraini. E si pensa a vittime di violenze e periferie

Centro Psico Pedagogico CPP

Centro Psico Pedagogico CPP

Milano -  In una sabbiera dal contorno blu si può rappresentare il proprio mondo interiore e si può cercare così di affrontare ansie, incubi e paure. Si chiama “Sandwork espressivo“ e a Milano ha trovato non solo una “casa“ al Cpp - il Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di via Sismondi – ma un team di professionisti tra psicoterapeuti, psicologi e pedagogisti che diventano “custodi“ del mondo interiore rappresentato dai bambini. "Un unicum in tutta Italia", sottolinea la fondatrice del metodo e psicanalista junghiana Eva Pattis. Il progetto in corso è dedicato a bambini in arrivo dall’Ucraina: cinque di loro, dai 6 ai 12 anni, stanno partecipando a un ciclo di cinque incontri. Ciascuno ha la propria sabbiera, si lavora in silenzio, fianco a fianco, su un proprio progetto e si hanno a disposizione piccole figure umane, animali e oggetti vari, che si possono inserire per creare la propria storia. L’adulto (ogni partecipante ha un “custode“) è accanto, non dà indicazioni, lascia massima libertà. E si fa carico di quel mondo d’ansie, senza necessità di interpretazioni successive e di parole.

«Siamo in ascolto empatico – spiega Eva Pattis –. Con la sabbia il bambino entra quasi immediatamente in contatto col suo mondo interiore e la sua fantasia, con quello che ha dentro di sé, con le paure e gli incubi. Comincia a rappresentarli nella sabbia, utilizzando il materiale a disposizione. E l’angoscia passa a noi, testimoni silenziosi". Così hanno fatto i bambini che sono arrivati in questi mesi a Milano, in fuga da una guerra che si portano dentro. Sulla sabbia inseriscono soldatini, un carrarmato, palazzi in fiamme. "Ma accanto a scene di violenze e angoscia mettono sempre una risorsa, un fiore: interviene un meccanismo di autoregolazione", spiega la psicoterapeuta. C’è Putin, ci sono i soldati, ma compare anche un bimbo nel passeggino, spinto dalla mamma. Uno spiraglio. Arrivano entusiasti all’incontro successivo e in silenzio (un silenzio che apprezzano e ricercano, non è dettato dall’alto) continuano il percorso, aggiungendo altre risorse nella sabbiera: piante, verde.

Il sandwork espressivo è stato utilizzato anche durante il primo lockdown e in pandemia, anche per superare i lutti in casa o l’ansia familiare da Covid (secondo gli ultimi studi ne ha sofferto il 70% dei bambini). Sulla sabbia comparivano spesso croci e bare, che venivano decorate. "Rispetto al disegno, oltre a rappresentare una situazione la si può muovere – sottolinea Marta Versiglia, pedagogista del Cpp –. È come se si entrasse dentro la sabbia". "C’è poi la dimensione plastica, tattile: uno dei sensi che si forma per prima, legato alla memoria primordiale. È uno dei primi modi di sperimentare la realtà", aggiunge Giusy Giammarresi, psichiatra. La collega Alessandra Vergani lavora spesso con le rappresentazioni grafiche: "Quando il bambino fa un disegno cerca di rappresentare qualcosa che ha già immaginato, con la sabbia è un processo in divenire. Può aggiungere, togliere, lavorare nella sua cornice". "È come se vivesse un sogno ad occhi aperti – continua Pattis – è vitalizzante". E così, forti dei risultati, si progettano nuovi percorsi. "Stiamo pensando di lavorare con i bambini vittime di violenza – anticipa la psicanalista Filomena Rosiello –. Come pure con i bambini delle periferie milanesi di Gratosoglio e Quarto Oggiaro per offrire loro uno spazio libero e protetto, una dimensione da esplorare e tutta da costruire". Continuerà il lavoro con i bambini ucraini che resteranno in città e l’obiettivo è anche quello di coinvolgere le scuole per facilitare gli incontri e offrire un aiuto in più.

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