Milano – Il vincolo sul secondo anello non c’è ancora, ma arriverà inesorabilmente tra un anno. E questa ipoteca sul futuro del Meazza, indirettamente ribadita dalla sentenza del Tar che ieri ha respinto il ricorso del Comune, manda definitivamente in soffitta il progetto originario di Inter e Milan (a dir la verità già da tempo finito sullo sfondo), che prevedeva la demolizione dello stadio e la ricostruzione in forma di "Cattedrale". Allo stesso tempo, il verdetto spinge l’ipotesi ristrutturazione, griffata Webuild e caldeggiata dal sindaco Giuseppe Sala. Andiamo per ordine. Il 19 maggio 2023, Palazzo Marino scrive alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio della Città metropolitana di Milano e al Segretariato regionale del Ministero della Cultura per chiedere una valutazione anticipata sugli eventuali "profili di interesse" legati al secondo anello di San Siro.
Il motivo? Nel 2025, la parte di impianto realizzata tra il 1953 e il 1955 compirà 70 anni, acquisendo il requisito della "vetustà" con le relative tutele. Detto altrimenti: visto che lo studio di fattibilità dei club prevede di buttare giù l’impianto dopo quella data (e dopo la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali nel gennaio 2026), l’amministrazione vuole sapere prima se diventerà intoccabile oppure no. Il responso arriva due mesi dopo: la Soprintendenza ritiene "di poter comunicare, in via anticipata, l’impossibilità di negare la sussistenza di un interesse culturale semplice del secondo anello in vista della futura verifica". E ancora: "Nel 2026, in occasione delle ipotizzate fasi di demolizione dello stadio, la struttura del secondo anello (l’unica al momento a non essere stata valutata) avrà raggiunto il requisito della vetustà (più di 70 anni) e ricadrà nel regime di tutela". In questo modo, anche alla luce "dell’eccezionalità che caratterizza il procedimento in itinere e delle esigenze di pianificazione da parte delle squadre e dell’amministrazione locale", i tecnici preannunciano "la sussistenza dei requisiti di interesse culturale".
Il Segretario del Mic si allinea all’indicazione; e nella stessa seduta la Soprintendenza archivistica e bibliografica richiama pure "la valenza come archivio esposto della tribuna ovest dello stadio per le targhe/epigrafi che documentano i successi nazionali e internazionali di Inter e Milan".
A quel punto, lo stesso ente che aveva sollecitato l’esame, vale a dire il Comune, si rivolge al Tar per contestarne le conclusioni, aggiungendo che le targhe non sono di sua proprietà. Ora è arrivato il verdetto, che ha dichiarato inammissibile l’istanza su entrambi i fronti. Per ragioni diversi. Il collegio presieduto da Marco Bignami ha innanzitutto chiarito che l’orientamento preventivo sul secondo anello non equivale a una dichiarazione di interesse culturale, semplicemente perché la legge prevede che il vincolo può essere apposto soltanto a "immobili con almeno 70 anni di vetustà". In caso contrario, "si riterrebbero vincolabili immobili che non presentano il necessario requisito legale, il quale verrebbe privato di significato". Fuori dal legalese: non si può impugnare un provvedimento che formalmente e materialmente non esiste ancora.
Per quanto riguarda le targhe celebrative, il Tribunale si è limitato a osservare che la titolarità del diritto di proprietà sui beni non è materia da giudice amministrativo, bensì da giudice ordinario. Sala commenta: "La sentenza è la prova che la nostra via di provare a rigenerare San Siro è l’unica possibile. Anche la sentenza di oggi (ieri, ndr) è un passo in più per dire: San Siro non è abbattibile. Quindi ci sono due alternative: o riusciamo a convincere le squadre a una rigenerazione del Meazza e sarebbe una vittoria per la città oppure, se ciò non avverrà, San Siro rischia di trasformarsi in qualcosa che perde un po’ del suo ruolo. E quindi non sarà bello per nessuno. Il futuro dello stadio è passato attraverso mesi difficili, ma cominciamo a sperare che con il lavoro di Webuild ci possa essere l’opportunità di dare una seconda vita allo stadio".