“Le cose nuove si fanno solo con i giovani. Solo i giovani ci si buttano dentro con entusiasmo, e collaborano in armonia senza personalismi e senza gli ostacoli derivanti da una mentalità consuetudinaria”. Ne era convinto l’ingegnere italo-cinese Mario Tchou, classe 1924, che riuscì a battere sul tempo l’Ibm ideando, nel 1959, l’Elea 9003 dell’Olivetti, il primo calcolatore al mondo totalmente a transistor. Un apparecchio che ha segnato la storia dell’elettronica e che, non a caso, venne orgogliosamente presentato all’allora Presidente della Repubblica Giovanni Ronchi. Il percorso che portò alla sua realizzazione iniziò nel laboratorio Olivetti di Barbaricina, nel Pisano, successivamente trasferito a Borgolombardo, tra San Giuliano e San Donato Milanese. E proprio nel Centro di ricerche elettroniche di Borgolombardo il team di Tchou riuscì a perfezionare l’Elea. Pochi anni dopo, nel 1963, il comparto «ricerche» fu trasferito a Pregnana Milanese, il resto dello stabilimento sangiulianese seguì le sorti dell’Olivetti, col passaggio dapprima a General Electric, poi a Honeyweel, quindi a Bull. Lo stabile di via Certosa era già dismesso da tempo quando, nel 2008, venne demolito per fare posto a un complesso residenziale. Ora i Comuni di San Giuliano e San Donato organizzano una serie di eventi commemorativi per celebrare quella che fu un’eccellenza industriale. Dopo l’apposizione di una targa dove sorgeva il laboratorio, l’altro giorno il municipio di San Donato ha ospitato una conferenza sull’AI, a cura dell’ingegnere di Fastweb Alessandro Perrino e alla presenza degli studenti delle superiori. Martedì, l’ultimo appuntamento per un incontro-dibattito sull’informazione quantistica. Il relatore sarà Mario Martinelli, docente del Politecnico di Milano.
San Giuliano Milanese (Milano) – Quella dell’Olivetti è una storia tutta italiana, fatta di entusiasmo e sfide avveniristiche. A raccontare il clima che si respirava in quegli anni è Domenico Maletti, milanese, classe 1942. Con in tasca un diploma di perito elettrotecnico, venne assunto nella storica azienda delle macchine da scrivere e da calcolo con un ruolo tecnico-amministrativo, per occuparsi della pianificazione dei costi e del lavoro. Era il 1961. Oggi Maletti è presidente dell’associazione Pozzo di Miele, che raggruppa ex lavoratori e simpatizzanti dell’Olivetti. Proprio l’associazione sta affiancando i Comuni di San Giuliano e San Donato nell’organizzazione delle iniziative in ricordo del laboratorio di ricerche di Borgolombardo.
Come arrivò in Olivetti?
“Avevo un altro impiego, ma non ne ero soddisfatto. Feci domanda all’Olivetti dopo che un compagno di classe mi segnalò che cercavano personale. E fu lo stesso ingegner Mario Tchou a farmi il colloquio di assunzione. “Secondo lei, quanto pesano le tre palline che tengo in mano?”, mi domandò. Mi chiese anche dei miei hobby. Non fece alcuna domanda tecnica, né volle vedere voti e prestazioni scolastiche. Questo mi colpì. Mi sembrò una persona fuori dagli schemi”.
Cosa ricorda del suo primo giorno di lavoro?
“Fu tristissimo, purtroppo. Mi presentai a Borgolombardo per prendere servizio e vidi che nell’atrio del laboratorio erano state posizionate due bare. Una era di Tchou, l’altra del suo autista. Erano morti due giorni prima in un drammatico incidente stradale. L’anno prima, nel 1960, era scomparso Adriano Olivetti”.
Questi eventi guastarono il clima che si respirava in azienda?
“No, a mio avviso. Eravamo una squadra giovane, motivata. In azienda regnava un’atmosfera pionieristica. Ci sentivamo degli sperimentatori, pronti a esplorare nuove dimensioni”.
Parliamo dell’Elea 9003. Perché era un modello all’avanguardia?
“Il transistor svolgeva la stessa funzione delle valvole termoioniche, ma con un ingombro minore e un minor dispendio di energia. L’Elea, che era un elaboratore di dati per gestire i processi aziendali, ha rappresentato un passaggio epocale verso computer di dimensioni sempre più ridotte e con procedimenti sempre più avanzati”.
Un’intuizione preziosa.
“È anche grazie a questo percorso, se oggi possiamo usare i più sofisticati dispositivi elettronici e parlare d’intelligenza artificiale. Oggi più che mai, elettronica e informatica possono rappresentare delle opportunità di lavoro per i giovani, se adeguatamente formati”.
Cosa fa l’associazione Pozzo di Miele?
“Attraverso conferenze, seminari e attività nella scuole, contribuiamo a tenere viva la memoria di questa parte della storia industriale italiana. L’associazione esiste da 8 anni. Abbiamo 200 soci, ma non tutti operativi, anche per ragioni anagrafiche”.