
Tribunale (Archivio)
Milano, 29 ottobre 2015 - «Colpevole» quasi quarant’anni dopo. È stato condannato a 30 anni di carcere dal gup Alessandra Simion il boss della ’ndrangheta Rocco Papalia, ritenuto responsabile di un omicidio avvenuto nel capoluogo lombardo il 9 ottobre 1976, quando un uomo, Giuseppe De Rosa, venne ucciso a colpi di pistola fuori da una discoteca. Il cold case è stato risolto nel dicembre scorso, grazie a un’intercettazione registrata dai carabinieri il 22 aprile 2012 nell’ambito dell’inchiesta “Platino” coordinata dalla Dda di Milano, quando venne emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del boss, accusa: omicidio volontario.
Papalia, già detenuto per altri reati, aveva scelto di essere processato con rito abbreviato, che prevede lo sconto automatico di un terzo sulla pena. Il gup ieri ha accolto la richiesta del pm Paolo Storari, condannandolo a 30 anni di carcere. Quello di Giuseppe De Rosa fu uno tra i primi omicidi commessi nella provincia di Milano finalizzato ad affermare la potenza intimidatrice del gruppo criminale ’ndranghetista dei Papalia, noto all’epoca come il “clan dei calabresi”. Un delitto rimasto irrisolto fino a quando, tre anni fa, non venne registrata una conversazione in auto tra Agostino Catanzariti e Michele Grillo, entrambi arrestati nell’operazione Platino. Passando davanti a un campo rom a Trezzano sul Naviglio, nell’hinterland, i due si lanciarono in un amarcord criminale che comprendeva anche l’omicidio di De Rosa, appartenente a una famiglia di nomadi. Nel 1976 i due gruppi, quello degli «zingari» e quello dei «calabresi» erano in lotta per la gestione del territorio e quando si scoprì che De Rosa aveva infastidito una donna che era stata di un uomo del clan, quelli ne avevano approfittato per mostrare i muscoli e mettere il punto sulla questione del dominio. Catanzariti ricordò che inizialmente volevano far saltare in aria l’auto di De Rosa con dell’esplosivo, ma che poi i boss avevano preferito usare la vecchia cara 7.65: un colpo alla testa e due al petto all’esterno del locale milanese Skylab. La mano era quella di Rocco Papalia, detenuto a Napoli in regime di 41 bis e - prima della notifica del provvedimento per omicidio - con fine pena previsto nel 2017. Da quel momento, nel lontano ’76, era stato chiaro a tutti che i calabresi erano i più forti ed era iniziata la stagione dei sequestri che costruirono l’impero economico delle cosche al Nord.
di M.CONS.