
Roberto Vecchioni riceve il diploma honoris causa
Milano, 1 marzo 2019 - «Avere un riconoscimento così bello e singolare commuoverebbe chiunque. Figurarsi un vecchio poetastro come me». Sorride il professore Roberto Vecchioni, emozionato, con in mano il diploma honoris causa del master in Arti del racconto della Iulm.
Un master con la lode del presidente della Repubblica.
«Ha avuto parole di elogio molto care e sentite. L’ho visto commosso. Certo che ha ragione di commuoversi di questi tempi... Questa però è una commozione diversa. Menomale che c’è lui: è un equilibratore di tante situazioni».
Mattarella l’ha citata: l’infinito è davvero al di qua della siepe?
«Lo ha colto al volo. L’infinito è dentro di noi, non fuori. È una frase che metto in bocca a Leopardi nella canzone, simbolo di come in fondo la vita la si ami sempre, anche quando ti ha tradito o fatto del male. Non si può non amare la vita. L’infinito è nelle emozioni. Se guardassimo un pochino più dentro di noi forse migliorerebbe anche la società, la politica».
E se si ragionasse almeno in termini di decennio, suggerisce il presidente.
«Ha pienamente ragione. Io di politica non ne capisco niente, perché sono uno che vive anche di utopie, di sogni. Ma lasciatemeli, sono un artista. Però capisco che si possa fare molto di più politicamente. E capisco questo forte bisogno dell’Italia di tornare al lavoro. L’ho sentito e continuo a sentirlo da tutte le parti: destra, sinistra, giovani, vecchi. L’importante è far ripartire questa macchina. Non basta tappare buchi».
Sarà in piazza per “People”?
«Sì, ci sarò. Bisogna battere su queste cose, fare rumore, non chiasso. Sono inutili gli slogan, bisogna fare sentire la propria presenza, il senso del colore, dell’affollamento, la gente che porta il respiro dell’anima. Noi sappiamo che la verità è questa: che una donna è uguale a un uomo, che un extracomunitario è uguale a un italiano. Tutto questo col tempo si aggiusterà. Lo so, perché la vita è fatta di ottimismo. Dio guarda bene dall’alto, dice: “Vi faccio soffrire un po’”, ma alla fine arriva il risultato».
È orgoglioso di questa Milano che nuota controcorrente?
«Io sono innamorato di Milano. È come se fosse mio padre, mia moglie, i miei figli. Milano non tergiversa. A Milano o è sì o è no, non c’è mai un “ni”. È una città che ti dà la certezza di quello che puoi fare. È una città che perdona».
Ai ragazzi della Iulm ha voluto regalare tre sue canzoni. Un messaggio in ciascuna?
«Sogna ragazzo sogna è per loro. Si vive anche di attese e di speranze, non solo del bruciare il secondo e nemmeno delle paure dei fallimenti. Nella vita non si perde mai, si impara. La Viola d’Inverno l’ho voluta cantare perché l’amore è infinito. Luci a San Siro ci fa pensare che il passato è presente. Il senso eterno dell’animo umano c’era nei grandi tragici greci come oggi. È una specie di eredità da mantenere, studiare. Non la possiamo tralasciare solo per guadagnare una lira in più il giorno dopo».
Ogni tesi di laurea e di master si chiude con i ringraziamenti. I suoi?
«Ai miei figli meravigliosi: ho due ragazze che hanno un’anima grandissima e sono grandi lavoratrici e due figli geniali, un po’ più “lazzaroni” ma geniali, non avrei voluto altro nella vita. Una moglie che è tutte le donne del mondo, in lei vedo passato, presente e futuro. Sono felice anche per questo».