Il ghisa deve pagare più di 120mila euro, i colleghi lo aiutano con una maxi colletta

Solidarietà al collega condannato. "Tutto è nato da un divieto di sosta"

SOLIDARIETÀ I colleghi daranno una mano al ghisa condannato a risarcire 120mila euro

SOLIDARIETÀ I colleghi daranno una mano al ghisa condannato a risarcire 120mila euro

Milano, 5 marzo 2018 - Una storia lunga 13 anni. Una vicenda che parte da una banale contravvenzione e si trasforma in un’odissea umana e giudiziaria che rischia di costare carissima a un agente della polizia locale. Più di 120mila euro, per l’esattezza: «Il Sulpl – annuncia il segretario lombardo Daniele Vincini – inizierà una raccolta fondi a livello nazionale per sostenerlo».

Tutto inizia la sera del 14 maggio del 2005, quando il ghisa Francesco Bartucci e il collega Luigi Palumbo vengono inviati dalla centrale operativa in via San Paolino: ci sono auto in sosta vietata che rendono difficoltoso il passaggio dei mezzi pubblici. I vigili lasciano le multe sui cruscotti e ripartono. A un certo punto, però, scriverà Bartucci nell’annotazione, la marcia della pattuglia viene bloccata da alcuni residenti della zona, tra cui Alessandro Aperti. La tensione sale, in strada scendono circa 40 persone. Sempre stando alla ricostruzione del ghisa, Aperti gli si scaglia contro: minacce, insulti e calci. Gli agenti chiedono aiuto via radio, sul posto arrivano altre quattro macchine per placare «la rivolta popolare».

Bartucci si reca al Pini per farsi refertare: 20 giorni di prognosi, il certificato medico, per dolori a spalla, emitorace destro e rachide cervicale. Aperti viene denunciato per violenza e lesioni a pubblico ufficiale, ma in aula viene assolto: il giudice reputa non veritiera la versione messa nero su bianco dal vigile e dà invece credito alle testimonianze degli altri residenti di via San Paolino, tutte concordanti nel sostenere l’assenza di contatto tra i due litiganti. A pesare sull’esito del processo, e in particolare sulla presunta inattendibilità del ghisa, c’è pure un dettaglio non da poco: in quel tratto di strada c’era oppure no il cartello di divieto di sosta con rimozione forzata? Per i residenti no, per i vigili sì. E per il Comune? Un funzionario dice di no, almeno «alla data del 14 maggio 2005». Peccato che, secondo la difesa di Bartucci, quella dichiarazione sia basata «su planimetrie non aggiornate». E ancora: l’avvocato del ghisa produce una serie di contravvenzioni elevate sia prima che dopo quel giorno, quasi tutte pagate dai cittadini (compreso uno di quelli che ha testimoniato a favore di Aperti).

In ogni caso, il residente viene dichiarato innocente. E in contemporanea il giudice trasmette gli atti al pm per procedere per calunnia contro Bartucci (e per falsa testimonianza contro il collega). In primo grado, il vigile viene condannato a 2 anni; in appello, scatta la prescrizione. Poi parte il processo civile: il ghisa viene condannato a pagare ad Aperti circa 25mila euro di risarcimento danni; cifra che, precisa il Sulpl, «sommata a tutte le spese legali sostenute e alla provvisionale», fa salire il totale da versare «a circa 125mila euro». Inutile dire che Bartucci, sanzionato dal Comune per i fatti di via San Paolino con la sospensione dal servizio per 2 giorni, non è in grado di far fronte a un simile esborso. Il Sulpl è con lui. E, chiosa Vincini, «auspichiamo che il Comune e il comando si mettano al suo fianco supportandolo nel ricorso in appello al Tribunale civile».

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