SIMONA BALLATORE
Cronaca

Ingegnere biomedico sceglie di tornare in Italia: "Fare ricerca a Milano si può"

Paola Saccomandi, prof del Politecnico a 31 anni. Il progetto al quale lavora ha ricevuto un finanziamento da 1,5 milioni

Paola Saccomandi

Milano, 8 agosto 2018 - "Ho scelto  di fare la scienziata. Ho scelto Milano". Sin da piccina Paola Saccomandi sapeva che avrebbe fatto l’ingegnere e oggi non solo è un’ingegnere biomedico ma con le sue ricerche ha conquistato anche un prestigioso grant dell’European Research Council e a 31 anni è rientrata dalla Francia ed è diventata professoressa associata al Politecnico di Milano. Qui sta creando il suo team di ricercatori chiamati a combattere il tumore al pancreas con la "luce su misura". Il suo progetto ha una durata quinquennale, si chiama “Laser Optimal” ed è stato finanziato con 1,5 milioni di euro.

Professoressa Saccomandi, di cosa si occuperà?

"L’obiettivo principale è la creazione di una piattaforma tecnologica di supporto a una terapia minimamente invasiva per la rimozione di tumori localizzati. Io mi occupo principalmente del tumore al pancreas. La base medica è conosciuta, è la terapia con luce laser a una lunghezza d’onda specifica che viene assorbita dal tessuto e trasformata in calore. In questo modo il tumore viene “bruciato”. Il mio compito è quello di ottimizzare questa terapia, con un monitoraggio termico del trattamento in tempo reale, in modo tale da evitare danni termici alle zone sane circostanti il tumore e preservare il più possibile l’organo. Per fare in modo che la terapia sia più selettiva useremo nanotecnologie e materiale idoneo, probabilmente oro, per permettere un maggiore assorbimento. Con modelli matematici ottimizzeremo il trattamento rendendolo su misura per il paziente".

Perché ha scelto di tornare in Italia?

"Grazie alle politiche eccezionali del Politecnico, prima di tutto: sta lavorando bene per attirare ricercatori e so di non essere la sola. Dopo aver ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale, ho superato il concorso e a 31 anni il Politecnico mi ha dato la possibilità di diventare professore associato. Il rientro in Italia è stato favorito da questo progetto di ricerca: il Grant ERC va al ricercatore, se lo vinci puoi scegliere dove investire in Europa. E io ho scelto di farlo qui. E poi c’è stato anche il supporto di un ulteriore progetto finanziato da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia per 400mila euro: sostengono il ricercatore che rientra anche per fare in modo che i risultati della ricerca possano essere spesi sul territorio lombardo".

Milano avrà perso l’Agenzia del Farmaco ma si sta rimboccando le maniche...

"Quello è stato un vero peccato. Però sì, Milano è una realtà europea e sa come attrarre chi sta fuori. Ho trovato un ambiente stimolante".

Farà ricerca e assumerà anche nuovi ricercatori.

"Creerò un gruppo di ricerca, con ricercatori, professori, dottorandi, coinvolgendo anche gli studenti. Penso che il team sarà formato da 8-10 persone. E poi insegnerò nella sezione di Misure e tecniche sperimentali del dipartimento di Meccanica. La formazione è un elemento importante e bidirezionale nella vita di un ricercatore: il professore appassionato può imparare tanto dai suoi studenti".

Un’ingegnere con l’apostrofo e una professoressa universitaria a 31 anni. Asfalta tutti i tabù di genere. Quando ha scoperto la sua strada?

"Sin da piccina ho sempre amato le scienze e in famiglia era un argomento quotidiano, “normale”. Così, in modo incosciente, avevo già deciso di fare l’ingegnere. Non sapevo ancora che sarei diventata ingegnere biomedico ma mi ha sempre appassionato l’idea della tecnologia per l’uomo. Mi sono diplomata al liceo scientifico, ho studiato Ingegneria biomedica a Roma, poi dottorato e post-doc. Mi sono trasferita in Francia, dove ho sempre lavorato sul monitoraggio delle temperature con tecniche di diagnostica per immagini. L’essere donna non mi ha mai creato difficoltà, lì l’importante è stato valere come ricercatore, non interessa se si è uomini o donne. Ma devo dire che anche in Italia, nonostante la maggior parte dei miei colleghi sia sempre stata costituita da uomini, non ho mai avuto problemi. Non bisogna avere paura. Mai limitarsi".

Il sogno da scienziata?

"Portare il mio progetto in clinica fra 5 anni. Essere in grado di dare ulteriori chance terapeutiche a chi non ne ha".