FEDERICA PACELLA
Cronaca

La ricerca è maschile: nelle università lombarde solo un terzo delle donne prosegue la carriera universitaria

La disparità di genere non risparmia il mondo accademico. Tutta l’Italia risulta sotto la media europea e la nostra regione non fa eccezione

Ricercatrice al lavoro

Ricercatrice al lavoro

Milano – Rappresentano la metà dei laureati e dei dottorati, ma solo un terzo prosegue poi la carriera accademica, un dato che scende ulteriormente quando si parla di materie Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematic). La disparità di genere non risparmia neanche il mondo accademico e della ricerca, dove anzi i progressi nel ridurre le disparità sono ancora lenti.

A rilevare un quadro che è omogeneo, purtroppo, in tutta Europa, è lo studio pubblicato su The Lancet Regional Health - Europe, redatto da Stefania Boccia, ordinario di Igiene generale e applicata alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, campus di Roma e vice direttrice scientifica della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs; Sara Farina, medico in formazione specialistica presso la sezione di Igiene della facoltà di Medicina e chirurgia; Raffaella Iafrate, ordinario di Psicologia sociale alla facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica, campus di Milano, e pro-rettrice delegata del rettore alle Pari opportunità. L’Italia risulta sotto la media europea.

Qual è la situazione in Lombardia? Lo studio non contempla dati locali, ma un quadro preciso emerge dai dati ufficiali pubblicati per ateneo dal ministero dell’Università e della Ricerca, che dà conto di laureati e ricercatori evidenziando anche il dato delle donne (segno che il genere è un aspetto sotto osservazione). Se prendiamo in considerazione gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno accademico 2021/2022, si vede che il “tetto di cristallo“ nella ricerca, per le donne, esiste anche negli atenei lombardi. Considerando le università statali, in tutti la percentuale di docenti e ricercatrici donne sul totale è sempre inferiore (in alcuni casi in modo molto significativo) rispetto alla percentuale di laureate. Se in media le laureate sono il 55,75%, la quota scende al 41,4% quando si va a vedere la presenza di donne tra il personale accademico, come docente o ricercatrice.

Guardando i singoli atenei, il gap maggiore lo si rileva all’Università degli studi di Bergamo, dove nel 2021/2022 le laureate sono state quasi il 67% del totale, mentre le donne rappresentavano solo il 43% di docenti e ricercatori. Differenza importante alla Bicocca di Milano (62% le laureate, 43,7% le docenti e ricercatrici), seguita dall’Università degli studi di Pavia e dall’Università degli studi di Milano (16 i punti percentuali tra laureati e personale accademico donna).

Meno marcata la differenza nell’Università degli studi di Brescia, dove è di poco meno di 6 punti percentuali, anche se il dato di partenza, quello delle laureate, non è molto positivo, visto che rappresentano meno del 50% del totale di chi conclude il corso di studio (47,28% le laureate). Il dato peggiore, su questo fronte, è quello del Politecnico di Milano, dove nel 2021/22 solo il 36,25% dei laureati era donna. Quanto agli atenei non statali, la situazione non cambia: per l’Università Cattolica, risulta che le donne sono quasi il 67% dei laureati ma meno del 45% di docenti e ricercatori.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro