Milano, 21 settembre 2024 – Non ha stabilito un automatismo l’ordinanza della Cassazione che a luglio ha respinto un ricorso dell’Asp Golgi-Redaelli mettendo a carico del servizio sanitario lombardo l’intera retta di una ricoverata con l’Alzheimer in quanto nel suo caso risultava, secondo i giudici, “inconferente la prevalenza delle prestazioni sanitarie”, dovute per tutti gli ospiti delle Rsa dalla Regione, “o di quelle socio-assistenziali”, la “quota alberghiera“ che è a carico degli ospiti o dei loro parenti a meno che non siano indigenti (in quel caso paga il Comune di residenza), perché queste ultime sarebbero state “strumentali a quelle sanitarie”.
Una sentenza che confermava un giudizio del 2019 della Corte d’Appello di Milano, il quale a sua volta aveva ribaltato la sentenza di primo grado (che ingiungeva ai parenti di pagare poco meno di 32.300 euro di rette dovute), rifacendosi ad altri pronunciamenti della Cassazione risalenti all’anno scorso. Ed era stata festeggiata da associazioni che tutelano persone con disabilità e i loro parenti come "conferma” del “principio che è il Servizio sanitario nazionale a dover pagare la retta del malato Alzheimer e nessun altro”, indipendentemente dalle disponibilità economiche.
Le cose, però, non stanno esattamente così per il Tribunale di Milano, che ha respinto il ricorso del figlio di un’altra anziana affetta da demenza e altre patologie ricoverata in una Rsa, che chiedeva di non pagare circa 26 mila euro di retta rivendicati dalla struttura richiamandosi ai pronunciamenti della Cassazione per sostenere che l’esborso dovesse ricadere sul servizio sanitario lombardo. La giudice Giuseppina Ester Perfetti gli ha dato torto, spiegando che i casi vanno valutati nella loro specificità e non sempre vige il principio della gratuità assoluta e dell’«inscindibilità» delle spese assistenziali e sanitarie. Si tratta, sottolinea l’agenzia Agi che ha dato ieri la notizia della sentenza, «della prima sentenza dopo l’ordinanza della Cassazione»; e afferma che non c’è un automatismo tra la diagnosi di una patologia cronica degenerativa e l’attribuzione alla sanità pubblica dei costi extra-sanitari del ricovero.
In Lombardia ci sono circa 700 Rsa (di cui meno di una cinquantina pubbliche) con circa 66 mila posti letto. Le persone con una diagnosi di demenza sono circa 190 mila e di loro 115 mila sono malate di Alzheimer.
"Tenuto conto di un tasso di denatalità non connesso con l’aumento della popolazione, che per un quarto è ultra 65enne - commenta l’avvocato della Rsa e presidente di Uneba Luca Degani – pensare di garantire la gratuità vorrebbe dire aumentare la spesa del fondo sanitario nazionale di oltre 10 miliardi di euro. Non è pensabile danneggiare la popolazione giovane, già penalizzata nell’assistenza, per non pagare prestazioni in parte di natura alberghiera e sociale che vengono garantite nella Rsa al di là della patologia”.