Restrizioni per il Covid, niente soldi al Parenti

Causa del teatro contro il Governo per ottenere il risarcimento dei danni. No dei giudici: misure adottate per fronteggiare la pandemia

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di Nicola Palma

Un maxi ricorso per contestare quasi tutti i decreti anti-Covid emanati dal Governo tra 2020 e 2021. Una causa legale che si è concentrata in particolare sulle misure dedicate ai luoghi di spettacolo aperti al pubblico e alle piscine: vale a dire gli ambiti di interesse del Teatro Franco Parenti, che gestisce lo spazio culturale di via Pier Lombardo e i Bagni Misteriosi. Nel 2020, si scopre da una sentenza del Tar del Lazio che ha respinto tutte le istanze presentate dai legali della società presieduta da Andrée Ruth Shammah, è partito un contenzioso con Palazzo Chigi che ha messo nel mirino i provvedimenti anti-contagi adottati dagli esecutivi Conte e Draghi dall’11 giugno 2020 al 2 marzo 2021: il Parenti ha contestato sia il limite dei 200 spettatori al chiuso "indipendentemente dalla capienza della sala e dalla capacità dei luoghi" (tetto massimo introdotto nell’estate di due anni per riaprire i teatri in sicurezza) sia la misura che ha introdotto il criterio dei 7 metri quadrati di superficie a persona per calcolare il numero di ingressi nelle piscine. Il teatro ha chiesto anche la condanna della Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento dei danni subìti "per effetto dei provvedimenti impugnati". Per quanto riguarda la prima parte del ricorso, quella sullo stop ai decreti, i giudici hanno chiuso la partita senza neppure entrare nel merito, visto che i Dpcm sotto accusa non sono più in vigore. Passando alla richiesta di soldi, il collegio presieduto da Antonino Savo Amodio è partito da una premessa: "A seguito della diffusione del virus Sars-Cov-2, il legislatore è stato chiamato a fronteggiare un’emergenza sanitaria di portata mondiale, correlata alla rapidissima diffusione del Covid-19, malattia in grado di compromettere non solo la salute dei singoli individui, ma anche di determinare, a causa del rischio di “sovraccarico” del sistema ospedaliero, un pericolo per l’incolumità pubblica".

Detto questo, le misure "sono state adottate nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso". Entrando nel dettaglio, i giudici hanno ritenuto adeguati pure i provvedimenti sui teatri, volti in una prima fase a impedire ai cittadini di partecipare "ad attività non essenziali" e in una seconda "a consentirne la fruizione attraverso un opportuno contenimento degli afflussi". E le piscine? Giusto, per il Tar, introdurre il distanziamento anche in acqua, "ove non è possibile utilizzare le mascherine". Conclusione: ricorso bocciato.

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