Resta in Italia per la ricerca "Informatica, la mia svolta"

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"Alla fine dello scientifico non avevo le idee molto chiare. Mia mamma mi sognava medico, ho passato il test. Ma avevo paura del sangue. Così ho pensato a Ingegneria biomedica. È stato difficile farlo accettare ai miei: erano convinti fosse un ambiente prettamente maschile", sorride Jessica Leoni, 27 anni, che si occupa di machine learning e automazione al Politecnico di Milano.

Com’è stato l’impatto?

"In biomedica, come per gestionale, eravamo già metà maschi e metà femmine. Non mi sono accorta della differenza. Però mi appassionava sempre più l’informatica: mi piaceva programmare, cosa che non avevo mai fatto al liceo. Mi sono iscritta ai laboratori di informatica del Poli. E lì la situazione era molto diversa".

Quante ragazze eravate?

"Spesso ero sola, col banco vuoto a destra e a sinistra. Ti guardavano incuriositi. C’era chi ti trattava con più gentilezza, e in un certo senso è discriminazione anche quella, e chi faceva fatica ad avvicinarsi. È lì che mi sono accorta della necessità di sfatare tabù".

Cosa ha deciso di fare?

"Ho concluso biomedica, ma mettendo mano al mio programma. E ho conseguito la doppia laurea: un anno qui e uno a Chicago, dove ho inserito più corsi di informatica possibile. Non mi sono mai sentita discriminata. Anche se ci sono sempre quei minuti in cui devi dimostrare la tua competenza. Se sei con un collega uomo spesso all’inizio ti scambiano per l’assistente. È un gap culturale. L’ho visto in una scuola elementare. La mia advisor, tostissima, ha chiesto a me e ad altre due ragazze di spiegare il ruolo dell’ingegnere ai bimbi. E come lo immaginavano?"

Come?

"Uomo. Ma perché magari la loro generazione ha ancora poche madri ingegnere e tanti papà ingegneri".

Da quest’anno il Politecnico ha al vertice una rettrice, e pure informatica.

"Preparatissima. E dimostra, finalmente, che siamo pronte".

Sogno nel cassetto?

"Continuare a fare ricerca, perché si impara sempre, e insegnare: riuscire a trasmettere ai ragazzi quello che so, per fare in modo che siano migliori di me".

In Italia o all’estero?

"Italia tutta la vita. Anche se all’estero ti valorizzano di più. Sarebbe più facile partire, è più sfidante restare".Simona Ballatore

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