"Pur prendendo atto della situazione di fatto, da cui emerge una fragilità della studentessa, il collegio ritiene che, alla luce dell’orientamento consolidato in materia, il ricorso non possa essere accolto". Del resto, "il giudizio di non ammissione di un alunno alla classe superiore si basa sull’insufficiente rendimento scolastico". E poi "la non ammissione, sebbene percepibile dall’interessato come provvedimento afflittivo, non ha carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative". Con queste motivazioni, che si interrogano anche sulle conseguenze che una bocciatura può avere sul percorso di crescita di un adolescente, il Tar ha respinto il ricorso dei genitori di una quindicenne, che nel 2023 non è stata ammessa al secondo anno di un liceo milanese per non aver recuperato tre insufficienze. Dalla lettura del dispositivo, emerge che padre e madre della minorenne hanno impugnato la decisione dei docenti, chiedendo pure il risarcimento dei danni.
I legali della famiglia hanno spiegato che la ragazza, "dopo un brillante percorso scolastico, ha dovuto affrontare una situazione di ansia, stato per il quale veniva predisposto tardivamente il Pdp (Piano didattico personalizzato, ndr)". Proprio quei problemi emotivi, la tesi, avrebbero provocato il calo di rendimento della studentessa, che allo scrutinio di giugno si è presentata con quattro insufficienze in Greco, Scienze, Inglese e Matematica. Il Consiglio di classe ha deliberato di assegnare la sufficienza di Greco, sospendendo il giudizio sulle altre tre materie e rinviando il responso finale alle prove di recupero. Il mancato superamento dei test al rientro dalle vacanze ha portato alla non ammissione al terzo anno. Da lì il ricorso, fondato su due motivi. Il primo: la scuola avrebbe tardivamente riconosciuto la necessità di un bisogno educativo speciale, viziando "l’esito finale". Il secondo: l’istituto non avrebbe considerato "che, essendo nel periodo della scuola dell’obbligo, la bocciatura costituisce un’eccezionale eventualità". Per il collegio presieduto da Daniele Dongiovanni, "le eventuali mancanze della scuola nella predisposizione degli strumenti di ausilio non possono incidere sulla valutazione di ammissione dello studente alla classe successiva, che deve operarsi alla sola stregua della sufficienza o insufficienza delle competenze dallo stesso raggiunte nell’anno scolastico, ma possono comportare eventualmente una responsabilità dell’istituzione scolastica per le proprie omissioni, che nel caso in esame non paiono comunque raffigurabili". Sì, perché "dalla documentazione non sembra possano essere addebitate omissioni all’istituto scolastico per la mancata attivazione del piano didattico personalizzato, che è stato adottato a fronte della presentazione di idonea certificazione".
Quindi, "pur ribadendo la consapevolezza del collegio rispetto alla fragilità della studentessa, non si può prescindere dal dato oggettivo: la presenza di insufficienze nelle materie di recupero e il sostegno del Consiglio di classe nella valutazione di giugno (in cui è stata data la sufficienza in greco)". A tal proposito, l’articolo 4 del Dpr 122 del 2019 parla chiaro: "Sono ammessi alla classe successiva gli studenti che conseguono un voto di comportamento non inferiore a sei decimi e una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina".