Reddito di cittadinanza flop: solo il 15% dei convocati va al centro per l’impiego

Milano, quota dimezzata rispetto a quella degli anni scorsi: "C’è scoraggiamento". Manca la spinta verso il lavoro. E c’è chi punta a passare fra i “non occupabili”

Milano - Il conto alla rovescia verso la prima stretta sul reddito di cittadinanza ha provocato un primo effetto. Si è dimezzata la quota, già ridotta quando la misura era in auge, dei beneficiari "occupabili" che rispondono alla convocazione per avviare un primo percorso di inserimento lavorativo. Non si sarebbe innescata quindi una spinta verso la ricerca di occasioni di lavoro, da parte di chi è destinato a perdere l’assegno. Uno spaccato che emerge dai dati di Afol Met, l’azienda partecipata dai Comuni della Città metropolitana che gestisce i centri per l’impiego.

A Milano, da gennaio fino al 20 febbraio, sono stati convocati 2467 beneficiari. Si sono presentati solo in 394, all’incirca il 15,9% del totale. Gli altri 2.070 non pervenuti, "con giustificato motivo, senza giustificato motivo" o perché la convocazione è "non recapitabile". Una differenza che spicca guardando i dati degli anni precedenti. L’anno scorso si era presentato ai centri per l’impiego il 31,7% dei convocati: 3948 su 12435. Una quota già ridotta e più o meno in linea con quella del 2021, quando si era presentato il 30,3% dei beneficiari "occupabili", quindi tenuti a seguire un percorso di inserimento lavorativo.

«Questa riduzione della quota dei beneficiari che si presentano potrebbe essere dovuta a uno scoraggiamento – spiega il presidente di Afol, Maurizio Del Conte – visto che si avvicina il primo stop ai pagamenti, previsto per agosto. Chi risponde fa solo il suo dovere, purtroppo noi non abbiamo gli strumenti per raggiungere chi non ha la volontà di iniziare un percorso. È paradossale soprattutto in un momento come questo, che vede tante aziende rivolgersi a noi perché sono alla ricerca di personale". Un’altra conseguenza della stretta potrebbe essere il tentativo, per alcuni, di rientrare nella platea dei "non occupabili", per continuare a percepire il sussidio. Anche questo fattore potrebbe spiegare la fuga dai centri per l’impiego.

 

 

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