Edgar, vittima casuale dei latinos: rapinato e gettato in acqua per sfregio

Il pm chiede 16 anni per omicidio preterintenzionale nei confronti dei due affiliati alla gang Barrio. Quella sera volevano commettere una rapina, incontrarono il giovane e lo tramortirono di botte

Affiliato alla pandilla Barrio 18, fra le gang sudamericane più spietate

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Milano, 22 gennaio 2020 - «Ti tuffi tu per ripescare il ragazzo? No dai, togliti tu la maglietta". Il "caso" della morte di Edgar Luis Calderon Gonzalez, peruviano di 32 anni che lo scorso 2 giugno è annegato nel fiume all’interno del parco Lambro, gira tutto attorno a questa frase che un testimone avrebbe sentito quella sera al parco. Questa stessa frase avrebbe fatto ipotizzare ai magistrati un omicidio preterinzionale - anziché volontario - a carico dei due latinos accusati di averlo spinto in acqua (nessuno dei due poi è intervenuto per salvarlo) e avrebbe altresì convinto il pm Sergio Spadaro a chiedere una condanna a 16 anni in abbreviato per gli autori della rapina, finita in tragedia. Ma nella storia della terribile morte di Edgar Gonzales emergono, dall’udienza che si è celebrata ieri a porte chiuse, nuovi elementi.

Edgar, è emerso dall’inchiesta, fu vittima casuale di un pestaggio: la prima persona che i due incrociarono sul loro cammino, perché avevano deciso che quella sera avrebbero messo a segno una rapina a i danni di una persona qualsiasi. I due "latinos" arrestati, originariamente con l’accusa di omicidio volontario, 26 e 28 anni, affiliati alla gang Barrio 18, tra le più feroci della città, pandilleros che più volte si sono dimostrati violenti e senza scrupoli, la sera di domenica 2 giugno avrebbero incrociato per caso Edgar Gonzales. Per loro era un totale sconosciuto. In quel momento il ragazzo stava camminando su un via del parco, era alterato dall’alcol e la sua andatura affaticata. In mano, il 32enne aveva un cellulare. È stata la sua condanna.

Quando i due latinos lo vedono pensano subito di rubargli il telefono, lo accerchiano e poi pugni e calci fino a quando Edgar cade a terra, tramortito dalle botte. Loro si accaniscono, gli prendono il telefono. Poi, a segno di sfregio, lo fanno ruzzolare in acqua con un calcio, sapendo o comunque accettando il rischio che sarebbe morto. Edgar non era infatti nella condizioni di nuotare. Per un attimo i due, appena usciti dal carcere, entrambi con precedenti per tentato omicidio (il più giovane lo compì da minorenne), pensano di aiutarlo. "Ti tuffi tu?" E poi "No fallo tu", queste le frasi che sentirà il testimone e che gli porteranno presumibilmente una diminuzione della pena. Nessuno dei due però si butterà poi in acqua per aiutare Edgar, che morirà annegatto. Lo troveranno cadavere, quasi irriconoscibile, sette giorni dopo trascinato dalle acque fino al quartiere Rubattino. La sentenza il 3 febbraio.

mail: anna.giorgi@ilgiorno.net

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