Qui l’autunno è un inno alla nostalgia

Andrea

Maietti

Da una pagina della“Biografia Letteraria” del romantico inglese S.T. Coleridge: "Immaginate che uno in sogno passi in Paradiso e che gli venga dato un fiore come segno di esserci stato per davvero. E che, al risveglio, si trovi proprio quel fiore tra le

sue mani. Che sarebbe allora di lui?". La Nostalgia di quel paradiso vissuto in sogno

lo inquieterebbe a farsi pellegrino per cercarlo, per ritornarci. Forse anche il viaggio è in realtà soltanto l’insopprimibile anelito a tornare. Forse Ulisse non riparte da Itaca per esplorare nuovi mondi, ma per ritornare a un paradiso anche soltanto vissuto in sogno, come quello di Coleridge. "Che peccato, Fellini – aveva lamentato in

un’intervista poco prima di andarsene Antony Quinn -: poteva essere il più grande

regista di tutti tempi e invece si è rifugiato nel mondo piccolo del suo Amarcord". Eh,

no! Proprio in Amarcord Fellini ha raggiunto uno dei risultati più alti della sua opera

cinematografica. Quel piccolo mondo non è mai esistito; è la metafora del paradiso di

Coleridge, che il regista colloca nelle coordinate spazio-temporali dell’infanzia e

dell’adolescenza, rivissute come “emozioni ricordate in tranquillità” (direbbe un altro

romantico Inglese, William Wordsworth).

L’autunno lombardo è un inno alla Nostalgia. Finisce per accendersi di quella pace che accoglie Renzo dopo la tribolata notte nella casotta sull’Adda. Il cielo di Lombardia, “così bello quand’è bello”, è un

cielo di Nostalgia.

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