ALESSANDRA ZANARDI
Cronaca

Qui il primo polo d’Italia: "Vantaggi per il territorio. Tema energia da gestire"

Natalucci, direttrice dell’Osservatorio del Politecnico: "Linee guida in cantiere. Serviranno profili nuovi, formare professionisti è un obiettivo da centrare".

Natalucci, direttrice dell’Osservatorio del Politecnico: "Linee guida in cantiere. Serviranno profili nuovi, formare professionisti è un obiettivo da centrare".

Natalucci, direttrice dell’Osservatorio del Politecnico: "Linee guida in cantiere. Serviranno profili nuovi, formare professionisti è un obiettivo da centrare".

Data center, Milano è il primo polo in Italia. Segue Roma. E per il futuro c’è da aspettarsi un’ulteriore crescita del fenomeno, a livello nazionale, con forti risorse economiche messe sul piatto dalle Big tech: nei prossimi due anni, in Italia, sono previsti 10,1 miliardi di euro d’investimenti. Ne parliamo con Marina Natalucci, direttrice dell’Osservatorio sui Data center del Politecnico di Milano.

Perché il Milanese è così appetibile per gli operatori del settore? "Milano e il suo hinterland ospitano funzioni importanti, da un florido tessuto industriale fino al mondo della finanza, che richiedono una certa potenza computazionale. È inoltre un territorio densamente abitato, dove anche i privati fanno un ampio uso del digitale, si pensi solo ai social media. Se aggiungiamo che si tratta di un’area con un basso rischio sismico e dotata d’infrastrutture quali strade e aeroporti, se ne può comprendere il ruolo strategico".

I Data center iniziano ad essere in sovra-numero? "Il loro numero è in linea con le esigenze di un mondo sempre più informatizzato, dove ogni operazione che compiamo nella vita di tutti i giorni, dalla consultazione del fascicolo sanitario elettronico all’identità digitale fino all’uso dello streaming, richiede la presenza d’infrastrutture capaci di far girare le informazioni. Anche in virtù di processi come la progressiva evoluzione dell’intelligenza artificiale, si prevede un’ulteriore crescita del fenomeno: si stima che nel 2026, in Italia, si salirà a una potenza complessiva di 913 Mw It, contro i 513 Mw It del 2024".

Non si rischia la saturazione? "Il rischio di una saturazione del territorio è uno dei motivi, per i quali il trend dei Data center si è spostato dall’Europa centrale ad altri Paesi, come appunto l’Italia. Sarà importante individuare nuove regioni strategiche, oltre alla Lombardia, e favorire la realizzazione di questi insediamenti in aree dismesse o su suoli ex agricoli".

Oggi il fenomeno è normato? "Sinora la creazione di queste strutture è passata principalmente attraverso i Pgt e gli accordi coi sindaci. Si va verso una maggiore regolamentazione, con un codice ateco, un ddl in discussione e linee-guida stilate dal Ministero dell’Ambiente".

Dal consumo di energia alle compensazioni ambientali: vantaggi e svantaggi? "Il rapporto fra pro e contro è positivo, questi impianti rappresentano un’opportunità. Meno impattanti delle logistiche, si stanno orientando verso criteri di sostenibilità sempre più marcati. Ancora. La loro presenza comporta compensazioni e opere accessorie a beneficio dei territori. Certamente il tema dei consumi energetici va gestito, considerando che queste strutture operano 7 giorni su 7, h24. È il motivo per il quale non tutte le richieste di nuove aperture possono essere accolte. Attenzione anche al consumo di suolo. Temi, sui quali le istituzioni si stanno muovendo".

Veniamo alle ricadute occupazionali. "Benché non muovano numeri importanti, i Data center possono rappresentare un’opportunità di lavoro anche per i giovani. Si richiedono figure ad alta specializzazione, che oggi si fatica a reperire poiché si tratta di profili nuovi per il nostro sistema scolastico. Formare figure in questo senso sarà uno degli obiettivi da centrare".