Proselitismo e sostegno all’Isis, in due a processo

Due uomini egiziani residenti a Milano saranno processati con rito immediato per associazione con finalità terroristiche e istigazione a delinquere legate all'Isis. L'accusa sostiene che abbiano sostenuto attivamente il gruppo attraverso proselitismo online e finanziamenti. Il processo è previsto per maggio.

Proselitismo e sostegno all’Isis, in due a processo

Proselitismo e sostegno all’Isis, in due a processo

Verranno processati con rito immediato Alaa Refaei, 44 anni egiziano con cittadinanza italiana, e Mohamed Nosair, 50 anni egiziano con permesso di soggiorno, arrestati il 17 ottobre scorso per associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere per aver portato avanti, secondo l’accusa, su gruppi online "una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell’Isis", oltre che finanziamenti per donne vedove di combattenti jihadisti. Lo ha deciso il gip di Milano Fabrizio Filice che ha accolto la richiesta del pm Alessandro Gobbis, nell’inchiesta della Digos e della Polizia Postale coordinata anche dal procuratore Marcello Viola.

A novembre il Tribunale del Riesame ha confermato le misure cautelari del carcere e uno dei due, poi, ha fatto ricorso anche in Cassazione, che lo ha respinto. L’udienza del processo con rito immediato, senza udienza preliminare, è fissata per il 29 maggio in Corte d’Assise, ma i due imputati hanno un paio di settimane di tempo per chiedere il rito abbreviato, a porte chiuse e con lo sconto di un terzo sulla pena. Per il gip, che aveva accolto la linea della Procura, i due hanno mostrato "aperto sostegno all’Isis, veicolato dalla detenzione e dalla condivisione del materiale propagandistico". Entrambi, invece, si sono difesi negli interrogatori sostenendo, in pratica, di avere avuto solo "simpatie" per l’Isis, quando combatteva contro Assad in Siria e in Iraq e che mai sarebbero passati all’azione. Le difese hanno fatto notare che i loro erano soltanto "proclami sterili", parole e basta. "Sparare con un’arma da fuoco ti fa avere un cuore di ferro", era uno dei tanti messaggi rintracciati nelle chat dei due arrestati, oltre a quelli, hanno spiegato gli inquirenti, con "toni violenti e aggressivi" di "minacce e insulti" anche nei confronti degli ebrei.

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