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Casbah di profughi a Porta Venezia: gli abitanti vincono la prima battaglia

Incontro in Prefettura per risolvere la situazione di degrado. Il grido d'allarme del quartiere di Porta Venezia è arrivato ai piani alti di Palazzo Diotti di Nicola Palma

Profughi eritrei accampati in via Palazzi

Milano, 4 ottobre 2015 - Il grido d'allarme del quartiere di Porta Venezia è arrivato ai piani alti di Palazzo Diotti. Settimana prossima, i rappresentanti del neonato «Comitato di Liberazione» saranno ricevuti in Prefettura a Milano per affrontare l’emergenza bivacchi in via Lazzaro Palazzi. Ovviamente, fanno capire in corso Monforte, questo non vuol dire che il problema sia stato sottovalutato in precedenza e che non sia stato comunque sviscerato nei particolari e affrontato nel recentissimo passato: basti ricordare che la questione sollevata da residenti e commercianti del quartiere è stata più volte dibattuta al tavolo del Comitato provinciale per l’ordine pubblico, l’organismo che periodicamente si riunisce per parlare dei temi più caldi sul fronte della sicurezza in città. E qualche contromisura è stata pure messa in campo nei mesi scorsi per ridurre la massiccia presenza di profughi eritrei nel Quadrilatero del Lazzaretto.

A cominciare dall’opera di dissuasione portata avanti dai volontari di Fondazione Progetto Arca e dell’associazione «Cambio passo», che, con pazienza e dialogando coi migranti in lingua tigrina, sono riusciti a convincere i ragazzi in fuga dal Corno d’Africa a passare la notte in un centro d’accoglienza invece che sotto gli alberi di via Vittorio Veneto o negli anfratti tra il vialone che porta a piazza Repubblica e l’ingresso dei giardini pubblici di via Palestro. Missione compiuta, pur se a fatica. Poi l’attenzione si è spostata proprio su via Palazzi, che da due anni, soprattutto nei mesi estivi, si ritrova invasa da centinaia di minori non accompagnati che lì cercano (e puntualmente trovano) l’aiuto dei connazionali e sempre lì aspettano i soldi per ricominciare il viaggio verso il Nord Europa. Il Comune ha raddoppiato i servizi di pulizia e raccolta rifiuti dell’Amsa per arginare il degrado e schierato i baschi blu dei City Angels per fare mediazione culturale e sorvegliare il territorio in modo discreto. Senza dimenticare la presenza più o meno fissa di una pattuglia di vigili urbani e i blitz interforze che hanno portato alla chiusura di un paio di esercizi commerciali fuorilegge. Un approccio «morbido», se possiamo definirlo in questo modo, che non ha portato i risultati sperati, cioè la risoluzione definitiva del problema.

Dal canto suo, l’amministrazione di piazza Scala ha caldeggiato a più riprese l’istituzione di un presidio fisso di poliziotti come deterrente, considerato che gli eritrei temono di essere identificati e quindi di dover presentare in Italia la richiesta di protezione internazionale. Al momento, però, di divise in pianta stabile non se ne sono viste dalle parti di Porta Venezia. I cittadini torneranno a chiederle quando, tra qualche giorno, si troveranno davanti i massimi dirigenti della Prefettura. nicola.palma@ilgiorno.net