Violenza sessuale a Milano a 500 metri dal Bosco verticale, chi è lo stupratore Imad Bourchich

La vittima, 23 anni, trascinata, abusata e costretta a sniffare cocaina in un parcheggio multipiano. L'aggressore arrestato mentre rientrava nel suo "covo"

La testimonianza della giovane ha incastrato lo stupratore

La testimonianza della giovane ha incastrato lo stupratore

Milano – La serata in un locale della movida milanese. La mente annebbiata dall’alcol, uno sconosciuto che tende una mano per ritrovare il telefono rubato. Ma non appena riesce a portare la vittima nel suo rifugio a neanche un chilometro dalla discoteca, dentro un parcheggio multipiano a 500 metri dal Bosco Verticale, nel quartiere di lusso dei grattacieli di Porta Nuova e a pochi passi dal quartier generale Versace, scatta la violenza. È la notte tra venerdì 31 marzo e sabato 1° aprile. «Se non la finisci ti sfregio, se lo fai un’altra volta ti ammazzo» è la minaccia alla giovane, italiana di 23 anni, che dopo essere stata presa a schiaffi si ritrova un coccio di bottiglia puntato al volto, come racconterà alla polizia.

Poi viene costretta a sdraiarsi a terra, su un telo, in uno dei piani interrati del parcheggio, e violentata. Non solo. Sempre in balìa dell’uomo, deve anche sniffare cocaina. E resta con il suo stupratore per ore, almeno 7 secondo una prima ricostruzione, perché poi lui pretenderà anche di riaccompagnarla a casa al mattino, salendo a bordo di un mezzo pubblico come se nulla fosse accaduto e dopo essere stati in un bar. Imad Bourchich, trentasettenne marocchino senza fissa dimora e con precedenti, è stato fermato la sera di sabato mentre rientrava nel suo “covo“ dentro il parcheggio multipiano: l’accusa è di violenza sessuale.

Chiesta dal pm la custodia cautelare, anche perché il trentasettenne ha precedenti: nel 2019, in provincia di Brescia, aveva aggredito con altri complici un’automobilista rapinandola e palpeggiandola. In Italia da 15 anni, è regolare dal 2021. Sono le 23.40 di venerdì 31 marzo quando la ventitreenne esce in compagnia di alcuni amici. La ragazza ricorderà poi di aver bevuto circa tre cocktail alcolici e di essersi sentita male. All’uscita (erano circa le 3.40) «ricordo di essermi appoggiata su una macchina perché barcollavo. Ricordo che continuavo a guardare a terra, perché mi ero resa conto di non avere più il telefono».

Probabilmente rubatole, insieme alle chiavi di casa, all’orologio, agli orecchini e alla fedina che indossava. «Un ragazzo mi ha detto che sapeva dov’era il mio telefono» e per questo lo segue, convinta che con lei ci sia anche uno dei suoi amici. Ma è sola. «Ricordo che io non stavo bene e biascicavo mentre parlavo. Il primo ricordo che ho è dentro il parcheggio, senza però sapere effettivamente come esserci entrata. Una rampa portava giù ma non riuscivo a capire a che piano eravamo». «Io gli ho detto che me ne dovevo andare ma lui mi diceva di andare giù, tirandomi». Poi, gli schiaffi e le minacce: «Se non la finisci ti sfregio, se lo fai un’altra volta ti ammazzo». Con un grosso pezzo di vetro.

Al minimo tentativo di reazione, altre minacce: «Non costringermi a sfregiarti». Poi la violenza. Nonostante la vittima abbia più volte ribadito di non volere. «Non è giusto, non voglio. Ma Allah cosa ne pensa?». Alla polizia dirà «ho pensato che avrei fatto tutto quello che voleva. Gli ho chiesto anche scusa», terrorizzata. È mattino («forse le 10») quando la ventitreenne riesce a uscire dal parcheggio, “scortata“ dall’uomo fino a casa, dopo il passaggio in un bar. I filmati delle telecamere mostrano che la ragazza abbia cercato più volte di allontanarlo.

Sarà la coinquilina della giovane a chiamare il 112, mentre l’amica viene trasportata in ambulanza alla Clinica Mangiagalli dove la violenza sarà accertata. Prognosi: 21 giorni. I poliziotti della Squadra Mobile coordinati dal dirigente Marco Calì troveranno nel parcheggio il telo, i cocci di bottiglia e tutti gli oggetti del “rifugio“ descritti dalla vittima.

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