Milano, ex prof salva i rom dalla strada

A 80 anni chiede un dono: una borsa di studio per un futuro diverso

Un'aula

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Milano, 21 agosto 2018 - «La scuola  può cambiare i destini». Ne è convinta Franca Fabbri, 80 anni, insegnante in pensione e volontaria della Comunità di Sant’Egidio. Da anni accompagna nello studio e nell’inserimento scolastico alcuni bambini rom. Fra loro c’è un ragazzino molto timido, arrivato in Italia dalla Romania quando era piccino, che ha subito una serie di sgomberi prima di trovare finalmente casa, attraverso la rete di Sant’Egidio, e anche il suo vero posto a scuola. «La storia di questo bambino e di una sua maestra fa particolarmente onore a quest’ultima – racconta Franca Fabbri, che ha insegnato in via Antonini per 23 anni – specialmente in tempi in cui gli insegnanti, come del resto anche i bambini rom, sono spesso bersaglio di critiche negative e di aggressioni anche violente». La storia comincia alle elementari: il piccolo frequenta ma ha grosse lacune in italiano e il rendimento non è dei migliori. «Un susseguirsi di sconfitte e mortificazioni», spiega l’insegnante in pensione. Poi la svolta.

«Alla scuola media di via dell’Arcadia, una coordinatrice di classe sensibile e preparata, scopre che il bambino ha un vero talento nel disegno. Lo ha mostrato a me, ai suoi genitori e anche a lui, che credeva di essere bocciato e invece, con gli occhi sorpresi e che brillano, è pronto a rimettersi a studiare per la seconda media, con una motivazione in più. Ci stiamo già rimettendo sui libri». Franca Fabbri per i suoi 80 anni ha chiesto un regalo speciale: una borsa di studio per i ragazzini rom. «Perché la scuola può davvero fare tanto per il loro futuro e toglierli anche dalle cattive strade», sottolinea l’insegnante. «Abbiamo seguito nell’inserimento scolastico 500 ragazzini rom romeni e rom slavi – spiega Stefano Pasta, coordinatore del progetto –. Il diritto alla scuola è il diritto al futuro. Ed è anche una via preventiva molto forte ed efficacie contro le devianze, la difficoltà ad accedere al mondo del lavoro e anche rispetto alle condizioni di genere: c’è ancora forte il tema dei matrimoni precoci». Sotto la lente il ruolo delle scuole medie, un’età delicata. «Avere frequentato regolarmente le scuole elementari e l’asilo fa la differenza – sottolinea il coordinatore del progetto rom –. La dispersione scolastica espone maggiormente anche a problemi di microdelinquenza. Lo dicono anche i dati del Ministero della giustizia: di solito chi viene fermato non frequenta la scuola con regolarità. C’è anche un altro nodo: davanti a una segnalazione sono meno i rom presi poi in carico dagli assistenti sociali, c’è una sorta di rassegnazione diffusa. E invece questa storia come tante ci dicono che è proprio sulla scolarizzazione che occorre investire con forza. La frequenza scolastica diventa per i bambini rom l’occasione per creare relazioni interculturali importanti: diventano amici dei loro compagni di classe, le rispettive famiglie si conoscono».

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