
di Nicola Palma
Il 12 novembre 2014, la famiglia di Marco Baldoni si ritrova davanti al notaio: il capofamiglia, docente di Clinica odontoiatrica della Bicocca, cede ai figli la metà del diritto di proprietà (con riserva di usufrutto) su una villa di 447 metri quadrati con piscina e campo da tennis nella brianzola Sulbiate. Totale dell’operazione: 186mila euro. All’epoca, Baldoni sa già di essere finito nel mirino degli inquirenti: qualche mese prima, a febbraio, i carabinieri gli hanno sequestrato lo studio professionale nell’ambito dell’inchiesta per truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione; senza contare la sospensione temporanea dalla Bicocca dal 24 febbraio al 10 giugno dello stesso anno.
Un’inchiesta che si concluderà con un’archiviazione, ma che darà indirettamente il via agli accertamenti della Procura della Corte dei Conti sugli incassi da visite private non dichiarati né alla Bicocca né al San Gerardo di Monza (ospedale di cui dirigeva la clinica odontoiatrica). In questo caso, l’iter processuale si chiude nel 2017 con una dura condanna (confermata in Appello): Baldoni viene chiamato a ridare 236.406,08 al San Gerardo e 4,16 milioni alla Bicocca per l’attività esterna esercitata nonostante avesse sottoscritto un contratto a tempo pieno dal 1° novembre 2000. A 4 anni dal verdetto, Baldoni ha versato nella migliore delle ipotesi 128.484,72 euro (la tesi della difesa) e nella peggiore 104.211,58 (la tesi della Procura). In ogni caso, una cifra lontanissima da quanto le due istituzioni pubbliche attendono. Così, si apprende adesso, la Procura ha fatto i conti in tasca all’accademico, scoprendo che nel 2014 ha ceduto metà villa ai figli, distribuendo poi agli stessi e alla moglie le quote dell’immobiliare BLD srl di Monza.
Da qui la richiesta alla Corte della Lombardia di annullare gli atti notarili, che, nell’ipotesi dei pm, "hanno pregiudicato l’effettività della garanzia del credito erariale, in quanto determinanti una significativa variazione, quantomeno qualitativa, del patrimonio del professor Baldoni, tale da comportare una maggiore difficoltà nel soddisfacimento del credito". Dal canto suo, il docente si è difeso sostenendo che la decisione fu presa nel 2014 "per reperire le risorse necessarie per far fronte alle consistenti spese giudiziarie e cure mediche e per accantonare le somme poi versate a favore dell’università e dell’azienda ospedaliera". E ancora: per la difesa "non c’è stato depauperamento del patrimonio, in quanto dagli atti dispositivi citati il professor Baldoni ha ottenuto somme di denaro depositate sul conto di un istituto di credito, con conseguente maggiore snellezza della procedura esecutiva". Tesi respinte dai giudici, secondo i quali le cessioni del 2014 "hanno determinato in concreto una maggiore difficoltà in capo alle amministrazione danneggiate creditrici nell’esercizio dell’eventuale procedura esecutiva su di un bene immobile attualmente caratterizzato da una diversa titolarità dei diritti di usufrutto e di nuda proprietà e una maggiore difficoltà e incertezza nell’esazione coattiva del credito". Conclusione: atti annullati, la proprietà torna interamente a Baldoni.