Privacy, Milano alza una barriera. "Stop ai dati selvaggi"

Ok di Sala alla proposta della Cgil: primo piano regolatore in Italia per la trasparenza di algoritmi e informazioni online

Un computer (Ap)

Un computer (Ap)

Milano, 29 maggio 2019 - Il modello  da seguire è quello di Barcellona e Copenaghen, smart city agli antipodi sulla carta geografica d’Europa dove sono stati sperimentati tentativi di fissare nuove regole a livello comunale nella giungla di algoritmi e big data. Un fiume ininterrotto di informazioni personali, indirizzi, indicatori di gusti, abitudini, opinioni, spostamenti e propensioni all’acquisto alimentato dalle attività che ogni giorno svolgiamo online, anche nei rapporti con la pubblica amministrazione. E Milano, prima città in Italia, potrebbe diventare terreno per sperimentare un «piano regolatore per reti trasparenti e algoritmi negoziabili», con l’obiettivo di proteggere la privacy dei cittadini e garantire una trasparenza nell’utilizzo dei dati, una «ricchezza che oggi è in mano a pochi soggetti», a partire da big dell’economia digitale come Amazon e Airbnb.

Una proposta lanciata dalla Cgil di Milano che ieri è stata accolta dal sindaco Giuseppe Sala, nel corso di un convegno all’università Statale, coinvolta nel progetto. «I dati devono essere considerati al pari di servizi come l’acqua, la luce, il gas e i trasporti - spiega il segretario generale della Cgil di Milano, Massimo Bonini - noi ora sappiamo come viene gestito un acquedotto, mentre sull’uso dei dati non c’è trasparenza. Amazon rischia di finire per governare un territorio, Airbnb può alimentare speculazioni. Milano, prima smart city d’italia, non deve rimanere tagliata fuori da questo processo. Le città possono essere strategiche per sperimentare nuovi sistemi per gestire i dati, una nuova sfida nel processo di digitalizzazione». Il progetto potrebbe prendere forma attraverso la creazione di una «conferenza dei servizi digitali» composta da Comune, sindacati, aziende e «altri soggetti che hanno a cuore la partita», per evitare usi distorti di informazioni personali e dare ai cittadini strumenti in più per scegliere quali dati rendere disponibili a enti pubblici e privati. «Sono d’accordo su questa proposta - sottolinea Sala - e ci impegneremo per creare un piano regolatore per il digitale. È evidente che le sperimentazioni devono partire dalle città ma da soli possiamo fare poco, serve una chiamata a raccolta. Bisogna fare un lavoro di sintesi e capire qual è la via migliore da seguire».

Sfida che potrebbe giocarsi anche sul terreno del 5g, la rete ultraveloce. La chiamata a raccolta di Sala per «non subire totalmente il cambiamento» coinvolge anche le università, il mondo della ricerca. «Noi siamo pronti a dare un contributo - spiega il rettore della Statale, Elio Franzini - dove ci sono dati sensibili e numerosi da gestire il problema è anche quello della conservazione della privacy. La rete è un’occasione straordinaria ma non bisogna sottovalutare il pericolo della moltiplicazione dei dati. La tecnica non è mai neutrale». Milano potrebbe diventare quindi un modello nazionale, in uno scenario dove norme italiane ed europee non riescono a stare al passo con le nuove insidie per la privacy dei cittadini. «Siamo di fronte non solo all’innovazione tecnologica ma a una rivoluzione - spiega il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini - multinazionali rischiano di avere il controllo di informazioni e conoscenze, ci sono problemi per la democrazia. Questa speriementazione milanese si potrebbe estendere anche in altri luoghi, diventare un modello».

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