
di Stefania Totaro
"Il parroco della Bergamasca che ha adescato i ragazzini online, dopo avere già ottenuto il risarcimento quasi totale dei danni patrimoniali, chiede anche quello dei danni morali. Il suo avvocato (nominato dalla Curia) sostiene che "è talmente psicologicamente provato dall’estorsione da avere dovuto abbandonare l’insegnamento". A rivelarlo sono i difensori degli imputati, che hanno assistito alla richiesta di parte civile nel processo con il rito abbreviato per la squallida vicenda di ricatti a luci rosse in cui sono rimasti coinvolti anche due sacerdoti. Oggi la sentenza della gup del Tribunale Federica Centonze sulle sei richieste di patteggiamento e le tre richieste di condanna in abbreviato a pene fino a 5 anni di reclusione. Sotto accusa una serie di estorsioni, anche ai danni di due preti, uno di Vimercate e l’altro della Bergamasca, intercettati attraverso una chat erotica e sorpresi durante gli incontri con ragazzi, che si fingevano minorenni per incutere ancor più terrore nelle loro vittime.
I due sacerdoti hanno sborsato in tutto 16mila euro. Ma mentre il prete della Bergamasca ha sporto denuncia, portando i militari a una prima serie di arresti un anno fa in Romagna, dove gli estorsori hanno speso un patrimonio in serate in discoteca, champagne e auto di lusso; il prete del Vimercatese, per la paura non ha denunciato l’estorsione e ha preferito cambiare parrocchia, auto e numero di telefono per far perdere le proprie tracce. Tra le vittime anche una mamma 53enne del Vimercatese che voleva comprare la patente di guida al figlio e ha finito per pagare 80mila euro perché credeva di essere caduta tra le grinfie di una banda di pericolosi mafiosi.
Invece gli estorsori erano un gruppo di ragazzi che ora hanno tra 19 e 23 anni, residenti tra Missaglia, Montevecchia, Cremella e Sirtori, uno a Bernareggio. I giovanotti si facevano aiutare da un 57enne senza fissa dimora e da un 42enne di Viganò nel Lecchese, anche loro raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere a gennaio. Tra gli indagati, una ragazza. Per le estorsioni a luci rosse i giovani andavano a cercare le vittime sui siti di incontri come “Bakeka” oppure si iscrivevano a chat erotiche, come la app “Romeo”, pubblicizzata come "la community per tutti i gay d’Italia che vogliono trovare tanti amici o un compagno".
Secondo gli inquirenti, coordinati dal pm Marco Giovanni Santini, i casi di estorsione che hanno trovato riscontro "sono solo la punta di un iceberg". Perchè é la squallida vicenda sarebbe andata avanti già da molto tempo, ai danni di persone che non hanno mai avuto il coraggio di sporgere denuncia per i ricatti.
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