
Giovanna Fullin, sociologa del lavoro
di Luca BalzarottiMILANOStipendi insufficienti rispetto al costo della vita. L’83,2% dei dipendenti lo considera il primo motivo che ha trasformato il posto fisso nel pubblico dal traguardo a un ripiego. L’esito della ricerca promossa dalla Cisl Funzione Pubblica Lombardia e realizzata da BiblioLavoro - il centro studi regionale del sindacato - trova conferma nel confronto tra stipendi: 133 euro al giorno la media in un’azienda privata a Milano, il 38% in più del dato nazionale, 125 euro nel pubblico, come nel resto d’Italia (ma con spese quotidiane più alte). "La sicurezza contrattuale non basta più a giustificare queste retribuzioni", sottolinea Giovanna Fullin, sociologa del lavoro dell’università Milano-Bicocca. C’è altro, oltre agli stipendi, nel tramonto del mito del posto fisso nel pubblico. Il 60% si sente “sempre o spesso“ stressato. Soprattutto le donne, soprattutto chi lavora nella sanità. "Manca personale: a differenza dell’immagine di un settore sovradimensionato, il pubblico è sotto organico" dichiara la docente universitaria. "Nella sanità questa carenza si avverte di più e si traduce in un’insofferenza ai turni, che si prolungano oltre l’orario. Questo aspetto complica la conciliazione tra lavoro e tempo libero, un fattore che incide sull’interesse verso una professione". Infine ci sono le aggressioni, fisiche e verbali, che chi lavora negli sportelli a contatto col pubblico è costretto a subire più di un tempo."La fotografia del pubblico impiego scattata da dentro è molto differente da chi ritrae questo settore da fuori– sottolinea Fullin –. Emergono criticità, la stabilità del contratto è un elemento dato per scontato". Se non basta nell’epoca del precariato lo si deve ad altre ragioni. "Il 71% considera la retribuzione non soddisfacente e questo incide nella difficoltà a trovare personale – dichiara la sociologa del lavoro –. Non credo che ci sia una preclusione ideologica nella scarsa attrattività del pubblico sui giovani. Se le nuove generazioni scelgono è un buon segnale: non dobbiamo interpretarlo come disimpegno. Al contrario il loro atteggiamento ci aiuta a rendere evidenti alcuni problemi: i turni, i carichi di lavoro esagerati, la difficoltà a conciliare professioni e vita privata". Per rilanciare l’attrattività di un impiego nella sanità, negli enti locali e nelle istituzioni - così come nella scuola - occorre una scelta di campo. "Una scelta politica" precisa Fullin. "C’è un vincolo economico sulla spesa del Paese, ma la scelta di non indirizzare risorse verso il pubblico è una decisione politica dettata dal fatto che non si reputa questo settore come un volano di crescita. Lo ritengo un errore. Investire soldi nel pubblico significa migliorare i servizi offerti ai cittadini e garantire più occupazione alle donne. Bisogna crederci".