
Open Day al Politencico
Milano, 7 marzo 2018 - Il 94,7% dei dottorati entro un anno trova lavoro. Così il Politecnico di Milano fotografa - con una ricerca - il cambio di passo. C’era una volta il dottorato come apripista per la carriera accademica: da una parte quella strada in Italia si è fatta più stretta, dall’altra quel titolo acquista un valore in più da spendere sul mondo del lavoro. Lo dice l’ultima indagine occupazionale firmata dall’ateneo: rispetto ai laureati non solo i tassi di occupazione sono più alti ma a migliorare sono anche retribuzione e tipologia di contratto, tempo indeterminato in primis.
Sotto la lente 600 persone, più dell’80% di chi ha conseguito il titolo di dottorato nel 2015 e 2016. «A un anno dal titolo il 94,7% è occupato – emerge dall’indagine – poco meno della metà dei dottori di ricerca (dato in decrescita, erano poco più di metà nell’ultima indagine) continua una professione nel settore della ricerca al Politecnico e nelle università internazionali. Il 10% circa è lavoratore autonomo. I restanti dottorati lavorano in azienda e di questi il 72,3% con un contratto a tempo indeterminato, dato quest’ultimo che li porta a superare di più di venti punti il già ottimo 51% raggiunto dai laureati». ì Se il mercato cerca dottorati è disposto pure a ricompensarli: lo stipendio medio è di circa 2mila euro al mese, il 35% in più rispetto al laureato. «Il dottorato di ricerca è un chiaro investimento sul proprio futuro», sentenzia così il Politecnico, ricordando che ci si sta allineando ai Paesi europei dove si investe maggiormente nel titolo. Altro segnale in controtendenza, la «fuga di cervelli» frena: il 21,4% dei dottori di ricerca italiani lavora all’estero contro il 27,4% dei dottorati 2013 – 2014. Stati Uniti, Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Regno Unito e Francia sono i Paesi dove la maggior parte di loro trova un impiego. Aumentano invece i ricercatori stranieri che rimangono in Italia: dal 25,9% dell’indagine precedente si passa al 39,1%. Come per gli studenti, resta però un nodo da sciogliere: il gender gap. «Nonostante siano al vertice della preparazione accademica, le dottoresse di ricerca non vedono ancora pienamente riconosciute le loro competenze – si legge fra i dati della ricerca –. Il loro tasso di occupazione è infatti inferiore del 4,3% e la loro busta paga è più leggera del 22%».