
L’equipe che ha lavorato al progetto nei laboratori del dipartimento Scienze e Tecnologie
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Milano - Avere sempre con sé l’acqua durante le esplorazione spaziali senza dover tornare sulla Terra? Poter colonizzare la Luna senza dover fare affidamento sul nostro Pianeta? Nessun problema, ci pensa il Politecnico. Arriva dall’università di piazza Leonardo il procedimento che permette di ricavare acqua, anche potabile, dalla sabbia lunare. Questa possibilità è frutto degli esperimenti condotti dall’ateneo insieme ad OHB Italia, una delle principali aziende aerospaziali italiane, nell’ambito di un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea con il contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana. Il gruppo di ricerca, guidato dalla professoressa Michèle Lavagna, ha realizzato nei laboratori del dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico un impianto che permette la produzione di acqua attraverso tre fasi. Il sistema, avvalendosi di un forno e di diversi gas tra cui l’idrogeno, isola le particelle di ossigeno “intrappolate” nella sabbia lunare che è asciutta; dopodiché unisce l’ossigeno e l’idrogeno sempre ad alte temperature ed infine separa le due sostanze dagli altri gas grazie all’ausilio di un congelatore: portando la temperatura sotto lo zero l’acqua dallo stato gassoso diventa ghiaccio ed è possibile distinguerla dalle altre componenti.
«Il risultato apre nuove stimolanti prospettive nell’ambito dell’esplorazione lunare e di una presenza umana permanente e sostenibile. L’impianto soddisfa molte caratteristiche di un impianto spaziale ma non lo è – ha premesso Michèle Lavagna – Ora vogliamo configurarlo in modo che possa essere imbarcato su una sonda spaziale, così da poterlo testare subito sulla Luna". Il sistema potrà lavorare attraverso un ciclo autonomo recuperando i gas usati nelle fasi precedenti, in modo da non dipendere dell’approvvigionamento di altre sostanze. "L’aspetto simpatico è che per una volta non è la tecnologia spaziale estremamente avanzata che viene utilizzata per le attività terrestri, ma è il contrario: le competenze usate a livello terrestre tornano utili nello spazio" ha sottolineato la docente. Non solo sulla Luna però: "Una parte di questo processo è a bordo del rover su Marte e sta già lavorando. Molti minerali presenti sulla Luna sono componenti che si trovano dappertutto. Ad esempio, potremmo contrastare la scarsità d’acqua in zone aride usando il nostro sistema".
L’impianto è nato grazie alle diverse competenze che ha al suo interno il Politecnico e al lavoro di OHB: "Per viaggiare nello spazio e creare basi abitative sulla Luna e su Marte abbiamo bisogno di realizzare tecnologie pronte a sostenervi la presenza umana - ha spiegato l’ad di OHB Italia, Roberto Aceti – Produrre ossigeno in ambiente lunare testimonia come la stretta collaborazione tra scienza, ricerca universitaria e imprese possa sviluppare un prodotto industriale di altissimo valore tecnologico in grado di cambiare il nostro futuro".