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Milano, stupra la moglie e picchia figlia di un anno perché femmina

L'uomo, 30 anni, voleva un figlio maschio e minacciava la moglie: "Se chiami la polizia ti uccido"

Violenza sui minori

Milano, 6 novembre 2018 - Aveva segregato in casa la moglie, una giovane donna di 22 anni che in Pakistan faceva l'insegnante, la picchiava con calci e pugni, con il cavo del carica batteria e con una cinghia e la minacciava costantemente di morte se non avesse obbedito: "Se chiami la polizia ti uccido. Ti butto giù dal balcone". Almeno in tre occasioni il marito bruto avrebbe anche stuprato la moglie e in un caso l'ha ferita a una gamba con un coltello. Violenze che avvenivano sotto gli occhi della figlia della coppia, di appena un anno, anche lei vittima delle violenze del papà.

L'uomo, un 30enne di origine afgana, picchiava la bambina, "colpevole" di essere una femmina e non un maschio come avrebbe voluto. Per questo il gup di Milano Guido Salvini ha condannato l'uomo a 3 anni e 8 mesi con il rito abbreviato per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale.

"Il matrimonio è stato celebrato in Pakistan nel 2014, poi il marito è partito e la moglie lo ha raggiunto nel marzo del 2018. Quando è arrivata in Italia per lei e la bambina è iniziato l'incubo", ha spiegato l'avvocato Ilaria Scaccabarozzi, che difende la donna, parte civile nel processo. Le violenze sono andate avanti fino a giugno, quando la donna, grazie all'aiuto di una conoscente, si è messa in contatto con il centro antiviolenze della clinica Mangiagalli ed è riuscita a denunciare.  Il gup Salvini ha condannato l'imputato a risarcire la moglie con una provvisionale di 20mila euro di multa e ha disposto la sua espulsione a pena espiata. Adesso madre e figlia sono sopitate da una struttura protetta. "L'obiettivo - ha spiegato ancora l'avvocato Scaccabarozzi - è quello di aiutare la mamma a inserirsi e trovare un lavoro in Italia, anche perchè non può più tornare indietro. La sua famiglia, durante tutti questi mesi di calvario, non le è stata di supporto e ci sarebbero dei gravi rischi per la loro incolumità se dovessero fare rientro in patria".