Piazza San Sepolcro ci ricorda l’antichità romana a Milano

Il poeta Maurizio Cucchi esplora la storia e l'arte di piazza San Sepolcro a Milano, ricca di significati e contraddizioni storiche, tra chiese antiche e luoghi simbolo del fascismo, concludendo con una riflessione sulla complessità della città.

Cucchi

Mi incammino pacifico per un giretto pressoché turistico in centralissima zona. Luoghi deliziosi, secondo il più tipico stile milanese di poca esibizione e viva sostanza autentica. Sono dunque in piazza San Sepolcro, che ci rimanda all’antichità romana della nostra città e subito mi godo la facciata della chiesa, fondata nel IX secolo, ricostruita in stile romanico alla fine dell’Ottocento; ma ricordo gli importanti lavori di restauro di anni piuttosto recenti, tra il 2008 e il 2012, e soprattutto ripenso alle parole di Leonardo Da Vinci, che definì questi luoghi il "vero centro di Milano". E già san Carlo Borromeo, come dicono le guide, elesse la chiesa come sede principale della congregazione degli Oblati dei santi Ambrogio e Carlo. Non posso peraltro dimenticare che in questa piazza fu purtroppo fondato il movimento dei fasci di combattimento e che divenne poi sede della federazione fascista, al Palazzo Castani, di origine rinascimentale e oggi sede del Commissariato, mentre al numero 1 della piazza c’è casa Arabia Feltrinelli, del Cinquecento. Ma subito mi oriento con soddisfazione considerando la presenza lì accanto della Biblioteca Ambrosiana. Insomma, una piazza che in poco spazio racchiude in quantità storia e arte attraverso i secoli. Me ne sento ristorato, pur nel mio sopralluogo rapido e superficiale e mi rituffo allora del cuore trafficato della città e arrivo accanto a un’altra meraviglia, e cioè il tondeggiante Tempio di San Sebastiano, che fu edificato come ex-voto alla fine della peste del 1576, quando Carlo Borromeo ne affidò il progetto a Pellegrino Tibaldi (1526-1596), che fu architetto del Duomo, pittore, e a cui si devono altre meraviglie milanesi. Non potè completare definitivamente l’opera e a lui subentrò poi, per la cupola, Fabio Mangone nel 1617. Lì accanto c’è una pizzeria e sullo sfondo del vicolo il cinema Centrale. Un insieme misto, insomma, in un minimo spazio, in fondo una realtà curiosa e molteplice che anche mi diverte.

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