SU 16 MILIONI di pensionati sono più di 7 milioni quelli che hanno aderito al sindacato firmando una delega in base alla quale l’Inps effettua una trattenuta. C’è una discrepanza tra i numeri diffusi dall’Inps e quelli di fonte sindacale ma la rappresentatività di Cgil, Cisl e Uil che insieme dispongono di quasi 5 milioni di iscritti accertati, è fuori discussione. Le deleghe, una volta firmate, sono a tempo indeterminato. Questo per i sindacati, è un punto di forza perché le revoche possono avvenire solo attraverso una disdetta trasmessa all’ente previdenziale. Ma è anche un elemento di debolezza: non è un caso che i sindacati temano il rinnovo annuale delle deleghe che potrebbe essere deciso dall’Inps. Il peso delle organizzazioni dei pensionati all’interno delle confederazioni è enorme. Sono più della metà degli iscritti in Cgil, attorno al 50% nella Cisl e circa un terzo nella Uil. In un paese che invecchia il fenomeno è naturale. Ma nel sindacato italiano c’è una macroscopica anomalia: non è riscontrabile in altri sindacati il riconoscimento ad un pensionato di uno status pari a quello di un lavoratore attivo iscritto. (...)L’anomalia italiana produce effetti rilevanti. In primo luogo attribuisce ai pensionati un potere condizionante nel determinare, oltre alle scelte politiche, anche le cariche più importanti delle confederazioni. La maggior parte dei gruppi dirigenti dei pensionati si sono formati nei luoghi di lavoro dall’autunno caldo in poi. Per questo sono difensori della “continuità della tradizione” che rischia di tradursi in una protesta fine a se stessa. <EN> D’ALTRA PARTE i sindacati dei pensionati, finanziariamente forti, dispongono di una propria, capillare organizzazione e sono attivi nella rete dei servizi fiscali e previdenziali che costituiscono la fonte principale del loro tesseramento. Oggi gli interessi del mondo del lavoro non sono più uniformi e alla lotta di classe si é sostituito un conflitto articolato che ricerca soluzioni pragmatiche. Il più importante risultato per i pensionati fu realizzato con la riforma del lontano 1968, quando i figli aiutavano i genitori in pensione. Oggi accade il contrario ma nel frattempo la crescita della spesa sociale ha portato nuove regole che prefigurano pensioni di fame per le prossime generazioni. Qualche miglioramento si potrà ottenere con la previdenza integrativa, mentre risultati importanti potrebbero essere raggiunti rafforzando le politiche sociali di Regioni e Comuni. Non è irrealistico progettare un modello di organizzazione autonoma (e unitaria?) dei lavoratori pensionati, non subalterna ma alleata delle confederazioni e delle categorie dei lavoratori attivi. Questa separazione accrescerebbe il ruolo e la responsabilità dei pensionati e rafforzerebbe il sindacato della contrattazione.