Nella madre di tutte le veglie, la veglia Pasquale, l’arcivescovo Mario Delpini ha celebrato la risurrezione di Gesù nel Duomo di Milano alla presenza di una fitta folla di fedeli. Durante la Veglia sette catecumeni hanno ricevuto il battesimo e 83 persone della Diocesi hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata da Delpini.
La verità più necessaria
Presto, andate a dire ai suoi discepoli: è risorto dai morti.
L’angelo della risurrezione mette fretta alle donne. È urgente portare l’annuncio della risurrezione ai discepoli. La verità a proposito di Gesù è un messaggio urgente. I discepoli hanno seguito Gesù con momenti di entusiasmo e momenti di incomprensione, hanno sperimentato la popolarità di Gesù e l’impopolarità fino alle vicende tragiche dell’arresto. Infine sono fuggiti, hanno abbandonato Gesù e sono imprigionati nella rassegnazione dell’irreparabile.
Sono stati testimoni di segni stupefacenti e di parole affascinanti. Ma la morte tragica segna la fine dell’amicizia e della speranza.
È urgente l’annuncio della risurrezione: presto, andate!
I discepoli e il mondo intero vivono nella rassegnazione. Gli uomini e le donne che sanno della vita passano sotto la croce scuotono il capo: ecco come è la vita, eccome come vanno a finire anche coloro che promettono una vita nuova. Tutto va a finire nella morte.
La risurrezione di Gesù è la verità più necessaria e urgente per vincere la disperazione, la rassegnazione, la tristezza che avvolge ogni cosa segnata dal destino di morte. Senza la risurrezione di Gesù niente ha senso, se non provvisoriamente; niente è bello, niente è buono, niente è promettente se non nella precarietà di una illusione.
La verità più imbarazzante
Le donne sono andate subito a portare la notizia, a dire la verità più necessaria.
Ma la verità più necessaria si è rivelata allora, come ora, la verità più imbarazzante, la rivelazione più improbabile.
I discepoli non credono alle donne: quelle parole parvero loro un vaneggiamento e non credevano ad esse (cfr Lc 24,11). La gente non crede all’annuncio della risurrezione.
Le persone semplici, anche quelle che proclamano le parole del simbolo della fede (Credo la risurrezione della carne, la vita eterna), a proposito della vita eterna si esprimono nel modo più vago: chi sa? qualche cosa ci sarà… intanto stiamo bene di qui … poi, … il più tardi possibile, vedremo…
Le persone istruite, anche quelle che apprezzano le parole e l’esempio di Gesù, a proposito della risurrezione sono scettici, come gli ateniesi, curiosi di tutto, ma indisponibili alle parole che contraddicono i loro pregiudizi: Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: "Su questo ti sentiremo un'altra volta" (At 17,32).
Le persone aggiornate, informate, abituate ai discorsi scientifici ritengono improponibile, anzi impossibile la risurrezione di Gesù: contraddice la scienza, l’esperienza. E l’interpretazione razionalistica dei Vangeli e della letteratura apostolica si impegna a ricondurre le vicende di Pasqua entro i limiti della ragionevolezza: sì, c’è scritto che è risorto, ma è un modo dire. Sì c’è scritto che è apparso vivo, risorto ma è un modo per confermare la bontà e verità del suo insegnamento. Sì c’è scritto che è risorto ma solo per dire in altro modo la conclusione delle favole: e vissero tutti felici e contenti.
Testimoni dell’incontro
La verità più necessaria e dunque la verità meno creduta.
L’umanità sembra preferire restare schiava della paura della morte piuttosto che credere alla risurrezione di Gesù, primo dei risorti.
L’umanità sembra preferire immaginarsi dentro un processo in cui nulla si crea e nulla si distrugge, perciò è saggio, è conforme alla scienza e all’esperienza ritenere che siamo fatti di elementi che si compongono e poi si scompongono dentro la vicenda insensata dell’universo.
Anche tra i discepoli s’è diffuso una specie di scetticismo: e difatti non si trovano molti che obbediscono all’angelo e vanno in fretta ad annunciare la risurrezione. Si radunano con i vestiti della festa, celebrano belle liturgie e pregano con belle preghiere e canti raffinati. Ma poi escono di chiesa con calma e senza una parola da dire per sconfiggere la disperazione e diffondere la gioia della Pasqua.
Che cosa possiamo fare? Come possiamo fare per dire la verità più necessaria e obbedire all’angelo e all’urgenza del suo comando?
Non c’è altra via che quella della testimonianza. È risorto: io l’ho incontrato! È risorto: noi viviamo di lui e in lui!
Questa notte ricevono i sacramenti della iniziazione cristiana alcuni catecumeni, una ottantina in diocesi e non so quanto nel mondo. I neofiti e coloro che li accolgono, li ammirano e confermano con la loro professione di fede la certezza della risurrezione sono un segno per tutti, hanno una parola necessaria da dire a tutti: Gesù è risorto, l’ho incontrato: di lì viene la mia gioia.
Gesù è risorto, io l’ho incontrato: perciò ho chiesto il battesimo, perciò invoco lo Spirito Santo, per essere testimone della speranza, per essere seminatore di fiducia.
Anche stasera incontriamo l’angelo di Dio che ordina: presto, andate a dire che è risorto!