FRANCESCO PELLEGATTA
Cronaca

Stop alla zona protetta transfrontaliera: dalla Svizzera schiaffo a Ticino e Unesco

Il collegamento del Parco lombardo a Locarno bocciato da un referendum

asseggiate a cavallo nell’area Mab del Ticino

Milano, 1 agosto 2018 - Si fa presto a chiamarli ecologisti. Nella “verdissima” Svizzera, capace di combattere a spada tratta i viaggi intercontinentali di gamberetti e acqua minerale, rei di inquinare il mondo, nel 2018 i parchi naturali sono ancora visti come il fumo negli occhi. Strano, se si pensa che in Italia questi rappresentano fin dal 1974 un vessillo contro l’urbanizzazione indiscriminata. Data non casuale, visto che proprio in quell’anno nacque il Parco del Ticino, primo tra i parchi regionali italiani. E da allora i “cementificatori lombardi”, con tutti i loro limiti, hanno continuato a lavorare a testa bassa, arrivando qualche giorno fa a far proclamare come “Area Mab protetta dall’Unesco” una fetta di 332mila ettari e 233 Comuni che vanno dal Po alla Svizzera.

La Svizzera, appunto. Mentre da questa parte i Parchi del Ticino lombardo e piemontese facevano fronte comune con quello nazionale della Val Grande e regionale di Campo dei Fiori, sull’altra sponda del Lago Maggiore circa 8mila cittadini di otto Comuni del Canton Ticino decidevano tramite referendum popolare che no, «il Parco nazionale del Locarnese non deve nascere». D’altronde per farsi un’idea di cosa pensino lassù di questi enti basta leggere le parole pronunciate da Sandro Rusconi, uno dei leader del movimento che si è opposto al parco, all’indomani del referendum di giugno: «Ciò che vale per le nostre valli, vale anche per il rimanente della Svizzera. I parchi nazionali così come concepiti non sono compatibili con il territorio svizzero».

Che c’entra questo con i lombardi (e i piemontesi)? C’entra, perché l’Unesco punta alla creazione di un’area Mab transfrontaliera italo-svizzera. Quindi un luogo fondato sull’equilibrio tra uomo e biosfera non definito da confini geografici, ma dalla rilevanza naturalistica dei luoghi. In quest’ottica il “no” pronunciato dal Canton Ticino rappresenta un vero e proprio schiaffo agli obiettivi dell’Unesco. Fino a qualche mese fa, infatti, la neonata Area Mab considerava quasi una formalità l’incursione in Svizzera, perché il Parco del Locarnese sarebbe stato interlocutore privilegiato. «Oggi, invece, dobbiamo prendere atto della decisione popolare - spiega il presidente dell’assemblea consultiva Mab, David Guenzi, che dal 2014 lavora all’ampliamente dell’area tutelata -. Riallacceremo al più presto i contatti con gli svizzeri ma il risultato del referendum ci constringerà a trattare singolarmente con i Comuni», con tutto quello che ne deriva, specialmente dal punto di vista dei tempi operativi.

Poco male. Da questa parte ci godremo la nuova area Mab Ticino Val Grande Verbano, che non metterà nuovi paletti allo sviluppo dei Comuni; piuttosto costringerà gli amministratori a ripensare le proprie politiche di urbanizzazione nell’ottica di un maggiore equilibrio con la natura. Senza dimenticare il volano turistico, che non fa mai male. Mettiamo da parte le ipocrisie: la Lombardia è ancora una regione che ogni giorno “mangia” terreno vergine e inquina i fiumi azzurri. Ma, almeno in questo caso, non ha fatto del moralismo ambientalista, piuttosto ha cercato di lavorare per proteggere aree che ancora raccontano di una natura incontaminata e di un rapporto virtuoso tra uomo e biosfera.