
Via Paolo Sarpi
Milano – In via Paolo Sarpi oggi non si mangiano risotto alla milanese e cotoletta, ma riso alla cantonese e katsusando. Siamo nel cuore di Chinatown, dove ogni fine settimana centinaia di persone si riversano per tuffarsi nella cucina orientale.
Eppure, anche qui Milano ha saputo distinguersi. Se in molte Chinatown del mondo le attività sono esclusivamente asiatiche, Paolo Sarpi custodisce due anime: quella del commercio italiano - è la via con il maggior numero di botteghe storiche della città - e quella più recente, gastronomica ed etnica. A separarle, almeno simbolicamente, c’è via Rosmini.
“Un tempo era la terza via commerciale di Milano, dopo corso Vercelli e corso Buenos Aires. Le cose sono cambiate con la prima ondata di attività cinesi, che hanno portato soprattutto negozi all’ingrosso”, racconta Francesco Novetti, da 73 anni presente in via Sarpi con la sua erboristeria. “La vera rivoluzione è arrivata con la pedonalizzazione, che ha spinto alla chiusura dei magazzini e favorito la nascita di ristoranti e bar. I negozi tradizionali hanno cominciato a chiudere, e oggi siamo rimaste noi botteghe storiche, che stringiamo i denti per passione. Sicuramente l’abitabilità è migliorata, ma è un mondo completamente diverso. Non so se migliore o peggiore: è semplicemente cambiato”.
Tra le botteghe storiche c’è anche la profumeria Lorenzi, da 101 anni in via Sarpi, oggi gestita da Laura Russo, nipote del fondatore: “Con i negozi all’ingrosso la via era peggiorata molto, non potevano convivere con la vendita al dettaglio e Paolo Sarpi stava scivolando in una brutta situazione. La pedonalizzazione ha segnato una rinascita, anche se in una forma diversa. Ora, come in altre zone della città, domina il cibo. Chi viene per acquistare lo fa spesso per un negozio preciso, non più per passeggiare e curiosare tra le vetrine”.
Tra i commercianti, però, c’è anche chi guarda con maggiore scetticismo alla diffusione dei ristoranti cinesi. Luigi Guidi, ex macellaio e oggi titolare di una gastronomia, spiega: “Non credo sia giusto chiamarla solo Chinatown, qui c’è anche altro. Paolo Sarpi è stata una via importante per Milano e ci sono ancora molte attività italiane. Così il mercato non è equilibrato: la gente viene solo per mangiare etnico, e gli altri locali chiudono”. I rapporti con la comunità cinese, tuttavia, non sono conflittuali. Quello che lamentano alcuni residenti e commercianti italiani è più la mancanza di dialogo.

Ma non è questione di non voler integrarsi, racconta Lina Hu, titolare di Party Wan, negozio di articoli per feste e ormai una delle attività più conosciute della via: “Molte persone cinesi non parlano bene italiano, e per questo possono sembrare più chiuse. Ma non è così per tutti. Noi, per esempio, abbiamo tantissimi clienti italiani e ottimi rapporti con le altre attività. È una questione di comunicazione, non di volontà. Per quanto riguarda il cibo, è vero: ha portato alla chiusura molti negozi, anche cinesi. Noi siamo una delle poche attività non alimentari ancora aperte”. Sui rapporti con gli italiani la pensa allo stesso modo Mike Wu, figlio del titolare del Bar Amico, il primo bar cinese della via: “Siamo qui da 25 anni e ci siamo integrati subito molto bene. Sappiamo di essere ospiti, e proprio per questo cerchiamo sempre di comportarci con rispetto. E credo che questo si percepisca: difficilmente troverete qualcuno che si lamenta di Paolo Sarpi”.
Pochi metri più avanti c’è l’enoteca Alla Goccia, gestita da Luca Hu, che, come ci tiene a sottolineare, ha il cognome più diffuso di Milano: “Sono qui dal 1979, da quando la Cina ha aperto il mercato al resto del mondo. Sono arrivato a Milano perché mia sorella era già qui. Ho iniziato lavorando nella ristorazione, poi mi sono messo in proprio con l’enoteca. Con gli italiani ho un ottimo rapporto: amano la cultura cinese. Io, invece, ormai mi sento molto milanese: ho il cognome più diffuso della città, vendo vini italiani e ho chiamato il mio locale Alla Goccia, un modo di dire che mi è piaciuto subito, fin da quando l’ho sentito la prima volta”.