
I funerali di monsignor Lino Garavaglia si terranno questa mattina a Cesena, dalle 10, in piazza Libertà. Dopo il rito, la bara prenderà la strada di Mesero. L’arrivo nella sua città natale è previsto per le 16.30. Ci sarà un momento di preghiera in chiesa e poi il feretro verrà tumulato nella cappella di famiglia. Lino Garavaglia era nato nel 1927. Figlio di Luigi e Davidina Belloli. Battezzato col nome di Esterino. A Mesero ha frequentato le scuole elementari. A Magenta le scuole medie poi è andato a Milano, dai Salesiani, per le professionali. E qui ha maturato la sua vocazione. "Volendo essere missionario mi rivolsi al Pime, ma per le personali condizioni di salute mi fu consigliato un istituto non esclusivamente missionario" scriveva tra i suoi ricordi. Aveva 17 anni quando è entrato nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. È diventato sacerdote nel dicembre del 1954.
Le missioni sono sempre state la sua grande passione. Ne è diventa subito segretario nazionale per il suo Ordine, direttore della rivista "Continenti". Incarico che ha poi svolto ininterrottamente per 20 anni. Alla guida dell’Ordine come definitore è stato eletto negli anni Ottanta. Nel 1986 è stato vescovo a Tivoli, nel 1991 è diventato vescovo di Cesena-Sarsina, dove è rimasto sino all’anno in cui si è dimesso per raggiunti limiti di età.
Padre Lino, come lo hanno sempre chiamato i meseresi, è sempre rimasto legato alle sue origini. Tornava spesso in occasione delle feste e degli anniversari. Da vescovo ha sempre impartito le Cresime ai bambini. È bello rileggere, tra i suoi appunti, proprio cosa scriveva di Mesero. "Fa parte della grande Pianura Padana… la pianura è senza confini, come il cuore della mia gente", "Amo il mio paese. È il luogo delle mie radici. Amo la mia gente, i restanti miei amici di gioventù. Amo la sua storia umile e saggia". Esterino ha avuto due fratelli, Luigi e Angelo. "Diversi da me – li descrive -: tranquilli, studiosi, obbedienti, seri, molto sensibili ai bisogni del prossimo. Io ero vivace e un po’ dispettoso". Più avanti scrive. "Se mi si chiede quale sia stato l’ambiente che maggiormente ha avuto influsso su di me rispondo: il santuario della Madonna di San Bernardo, dove ho pregato da fanciullo e dove mi sono fermato a riflettere da giovane vescoso, e la vecchia chiesa parrocchiale. L’8 dicembre del 1954 in questa chiesa ho celebrato la mia prima messa, presente anche la dottoressa Gianna Beretta". Allora era medico in paese e in chiesa era stata accompagnata dal suo futuro marito, Pietro Molla. Di lui, del suo essere frate francescano prima che vescovo, padre Lino scrive. "Ho vissuto l’esperienza francescana come il lievito che conferisce sapore e gusto a tutte le cose. Il coraggio della semplicità, del rispetto della libertà di tutti, della valorizzazione di ogni povertà: semplicità, serenità, miseri-cor-dar".
E poi ancora. "Vorrei che mi si ricordasse come frate capuccino felice". Nel libro testimonianza scrive. "Un luogo per me davvero campo santo è il cimitero dove riposano i nostri morti e dove spero di poter essere sepolto anch’io. Ogni tomba è un ricordo, una memoria, un tempo passato". E oggi padre Lino andrà ad occupare il suo posto, al fianco del fratello Luigi e dei genitori, al camposanto.