"Ora la nostra paga copre appena le spese"

La protesta delle dipendenti del call center di Stellantis trasferite dall’ex Alfa di Arese a Vimodrone, distante 40 km

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di Barbara Calderola

Da call-center d’élite a "4 ore al giorno di viaggio andata e ritorno e c’è chi fa il part-time e ne lavora al massimo sei, se non quattro". Le laureate di Csc Digital, il customer service di Stellantis, protestano. "I guai sono cominciati con il trasferimento dall’ex Fiat di Arese, la sede era quella storica dell’Alfa, a Vimodrone, e la fine del lockdown: rientro obbligatorio. In auto quasi 24 euro al giorno di spese per guadagnarne 47 netti, 100 chilometri in media per il tragitto casa-lavoro-casa, 7,8 euro di caselli per chi abita nel Legnanese, come quasi tutti qui, più la benzina. In alternativa bisogna sobbarcarsi l’incognita dei mezzi – spiega Carlo Pariani di FlmUniti Cub –. Il 90% degli addetti è donna, il trasloco ha innescato tantissime dimissioni: abbiamo perso un centinaio di posti dei 350 iniziali. Costi e disagi sono troppi e loro, età media sulla quarantina con figli e famiglia, non riescono più a conciliare casa e ufficio. Così finiscono per rinunciare al posto". Sono la crème dell’assistenza clienti, "assunte a tempo indeterminato, conoscono tutte almeno due lingue, rispondono alle richieste più disparate in arrivo da tutta Europa: dalle informazioni sui vari modelli di auto, alle condizioni di vendita, all’assistenza post-acquisto". Chiedono "libertà di rientro dallo smart-working e non l’obbligo di tornare in presenza". "C’è anche un problema di sicurezza – aggiunge il sindacalista – usano il portatile, ma la legge stabilisce che per il lavoro agile ci siano schermi, mouse e dotazioni hardware che non vengono fornite. Abbiamo denunciato la situazione all’Ispettorato del lavoro. Come sul rispetto delle norme anti-Covid. Ci risultano casi di contagio ai quali non sarebbe seguita la quarantena". Ambienti vicini alla casa automobilistica sottolineano che "l’accordo sulla presenza in sede è limitata al massimo a 6 giorni al mese e in media ciascuno ne fa 2 e mezzo". Le operatrici si lamentano anche "della mancanza di programmazione: turni mensili comunicati con pochi giorni di anticipo, e frequenti contrordini senza preavviso". Così l’assemblea on-line ha proclamato "lo stato di agitazione contro condizioni di lavoro insostenibili. E se l’azienda non cambia atteggiamentonon ci fermeremo qui".

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