Buccinasco, 17 settembre 2024 – Al via senza colpi di scena l’udienza del processo legato all’omicidio di Paolo Salvaggio, detto “Dum Dum”, il 60enne ex piccolo boss del narcotraffico con rapporti consolidati con il clan di ‘ndrangheta dei Barbaro e Papalia. L’omicidio avvenne l’11 ottobre del 2021.
L’udienza
Ieri, in udienza in Assise, giudice Antonella Bertoja, c’era Benedetto Marino, arrestato con l’accusa di “concorso in omicidio“ per aver fatto da palo e autista nell’esecuzione.
I killer, due uomini in sella a uno scooter Yamaha TMax, avevano raggiunto Salvaggio mentre era in bici in via della Costituzione, in pieno giorno, e lo avevano ucciso con almeno tre colpi di pistola, sparati a bruciapelo al volto, per poi fuggire verso un’area isolata tra via San Giusto e via Forze Armate, vicino alla zona di via Fleming.
Il ruolo
Il 45enne Benedetto Marino, residente a Inveruno, sarebbe l’uomo che garantì la fuga ai killer: le telecamere della zona ne inquadrarono uno mentre saliva a bordo di una Peugeot 3008 guidata da Marino. Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Milano, coordinate dalla direzione distrettuale antimafia e dai pm Sara Ombra e Gianluca Prisco, hanno consentito di individuare Marino come persona che "ha garantito una celere e sicura via di fuga" a uno dei killer, secondo il gip, ed era stata la compagna a identificarlo al volante dell’auto.
Ieri, in aula, sono state mostrate le immagini riprese dalle telecamere sulla via di fuga. I frame mostrano il killer con i guanti rossi alla guida del grosso scooter e il “palo“ Marino. La ricostruzione chilometro per chilometro è stata ripercorsa dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano.
Marino si trova in carcere con l’accusa di concorso in omicidio e nel processo punta a una riqualificazione del reato.
I perché di un delitto
L’omicidio si consumò per un movente di piccolo cabotaggio, liti per lo spaccio o dissidi in carcere. Esclusa da subito l’ipotesi di regolamento di conti tra ‘ndrine, nonostante i rapporti stretti con i clan mafiosi del territorio catanese e quelli con la ‘ndrangheta locale (alcuni esponenti dei Barbaro e Papalia avevano anche preso parte ai funerali di “Dum Dum“).
Salvaggio poi era malato di cancro all’ultimo stadio, anche nella dinamica dell’uccisione fu esclusa la modalità mafiosa. Per la Dda la ’ndrangheta non avrebbe mai ucciso, fra l’altro così platealmente, una persona che aveva pochi mesi di vita. I responsabili dell’assassinio, invece, sono ancora senza un nome.