
Raffaele Rullo e Antonietta Biancaniello, madre e figlio accusati di omicidio
Milano, 31 luglio 2019 - I delitti "gemelli” della strana coppia. Hanno ucciso (e tentato di uccidere) in maniera «estremamente crudele» e con modalità «davvero efferate». Hanno narcotizzato quel giovane e l’hanno preso a coltellate. Ma siccome il poveretto non voleva morire, l’hanno infilato ancora vivo in uno stretto bidone che hanno subito richiuso volendo finirlo per asfissia. Non prima, comunque, di avergli gettato addosso per sicurezza dell’acido cloridrico in modo da provocargli terribili ustioni in varie parti del corpo. Anche per questa aggravante di crudeltà, a maggio la Corte d’assise condannò all’ergastolo Antonietta Biancaniello, 60 anni e Raffaele Rullo, 37, madre e figlio, coppia diabolica accusata di aver assassinato in quel modo Antonio La Rosa, ex calciatore di 35 anni amico di Rullo, ucciso nel novembre di due anni fa per potergli portar via il denaro, alcune migliaia di euro che aveva messo insieme per un affare da concludere con Raffaele.
Ma non basta, perché secondo i giudici qualche mese prima la strana coppia tentò di portare a termine anche un altro delitto, mancato per un soffio: l’omicidio (simulandone il suicidio) di Valentina Angotti, moglie di Raffaele e nuora di Antonietta, sempre per motivi economici (Rullo aveva acceso un’assicurazione sulla vita di lei) e anche perché tra marito e moglie (con figli ma anche entrambi con amanti) i rapporti erano in crisi da tempo. Anzi la Corte d’assise, nelle motivazioni del verdetto appena depositate, trova «evidenti analogie tra i due delitti di omicidio e tentato omicidio» commessi dal duo madre-figlio: «per entrambi il movente è stato anche di tipo economico, entrambi sono stati preceduti da ricerche in internet riguardanti vari aspetti dell’azione, entrambi hanno implicato l’uso di sedativi, ferite con strumenti da taglio (all’Angotti tagliarono le vene dei polsi, ndr.), l’aggiunta di altri mezzi lesivi (confinamento in un fusto ed uso di acido cloridrico/somministrazione di insulina - quest’ultima all’Angotti, ndr.)».
E i punti di contatto non finiscono qui. Scrivono ancora i giudici: «Per entrambi (i delitti, ndr.) era stato fatto il tentativo di crearsi un alibi mediante dei messaggi apparentemente inviati dalla vittima (ma risultati poi “falsi” alla luce dell’istruttoria) e mediante la predisposizione di una messinscena ad hoc». In pratica, per giustificare la scomparsa di La Rosa, Rullo parlò alla fidanzata di lui di presunti motivi di gelosia, mentre al medico di famiglia, in vista del “suicidio” di sua moglie, l’uomo cominciò a descrivere una Valentina «depressa e che si impasticcava». La colpa della Angotti, al corrente di certe truffe sulle auto con cui il marito Rullo arrotondava lo stipendio di tecnico informatico, era quella di stargli troppo con il fiato sul collo. Lui aveva più storie con altre donne e relative spese («una second life sui social», per il pm Eugenio Fusco), ma lei pure lo tradiva da tempo e gli rimproverava duramente certi prelievi dalla cassetta comune dei soldi che tenevano in casa.