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Oldani e Varese, la parola ai maestri "Giovani, sacrifici e rischio stress"

L’esperienza di chi li assume è contro ogni cliché: disponibili e concentrati, pretendono spazi e tempo libero

Come si vedono. E come sono visti. Perché conta la consapevolezza che di sé hanno i giovani protagonisti dell’alta ristorazione italiana ma conta anche la percezione di chi li assume e scommette su di loro. Davide Oldani, 2 stelle Michelin e una stella verde per la sostenibilità, lo sostiene da tempo: Il cambio generazionale è già in atto. L’età media in cucina si è abbassata ma si è anche alzata la qualità dei 25-30enni. Lo spiega: "Oggi i giovani possono imparare velocemente. In questo, i social hanno un grande merito: danno informazioni che aiutano a guardarsi attorno, a farsi un’idea, a crescere. E poi, diciamolo, ai miei tempi, in Italia, c’era solo Gualtiero Marchesi ad avere 3 stelle Michelin: adesso i tristellati sono 12 e ce ne sono 38 con due". Esperienza personale: "Alla loro età, mi portavo in giro il bigino di Auguste Escoffier nello zaino come una Bibbia. Era pesante e ovviamente poco agevole da consultare. Ora è tutto diverso: in un amen ottieni le risposte che ti servono".

Una convinzione coltivata da Oldani nella bella scuola alberghiera di San Pietro all’Olmo, alle porte di Milano e nella cucina del suo D’O, dove può contare su un invidiabile dream team di cuochi per anagrafe e imprinting come Alessandro Procopio e Wladimiro Nava, Riccardo Merli e Filippo Amodeo. Ed è indubbio che a dare una mano siano state anche le sofferte riflessioni nei momenti più bui della pandemia. Oldani insiste: "I ragazzi mi sembrano sul pezzo, hanno volontà, sono curiosi, disponibili a fare sacrifici. Ed è falso che non abbiano voglia di impegnarsi". Semmai il problema – aggiunge – è quello di ridefinire "il carico di lavoro loro imposto. Per farlo, servono risorse, quelle che per il momento stiamo mettendo di tasca nostra noi imprenditori e professionisti, migliorando la gestione del personale e ricorrendo a nuove assunzioni. In realtà, dovrebbe essere lo Stato ad intervenire con forme urgenti di detassazione. L’alta ristorazione è una voce importante del Made in Italy: è il momento di fare qualcosa".

Tema forte, ripreso a Milano anche dalla chef stellata Viviana Varese del ristorante "ViVa", una pasionaria delle battaglie per la parità di genere nella ristorazione e per la revisione radicale dei ritmi di lavoro. Una vera crociata. "Siamo una generazione cresciuta nei sacrifici. Servono anche quelli, certo. Ma oggi conta anche il tempo libero che i ragazzi giustamente pretendono e vogliono vedere riconosciuto, anche in un settore faticoso come questo". Traduzione: orari più ragionevoli, empatia e rispetto nei rapporti con i dipendenti, meno giornate di apertura dei locali per affrontare meglio lo stress. E maggiori incentivi economici, specie se il team viene coinvolto in trasferte. Insiste: "I ragazzi e le ragazze che vengono nei nostri ristoranti vogliono dare il massimo ma anche lavorare il giusto". Lo ripete: "C’è bisogno di rimettere al centro della vita, la vita stessa". Un commento che vale una stella. Paolo Galliani