Comunità per giovanissimi, l'allarme: "Ogni giorno rifiutiamo richieste di ospitalità"

Andrea Cainarca, direttore delle comunità Oklahoma e Arizona di Milano

Andrea Cainarca, direttore della comunità Oklahoma

Andrea Cainarca, direttore della comunità Oklahoma

"Si parla sempre di emergenza: tanti giovani da aiutare, pochi educatori, comunità che chiudono. Nel caso dell’evasione al Beccaria, un agente solo a sorvegliare 12 ragazzi e lavori di ristrutturazione mai finiti. Mai però si parla di strategia. E così si rincorre la situazione invece di gestirla". Così la pensa Andrea Cainarca, direttore di due comunità per minori in via Costantino Baroni, al Gratosoglio: Oklahoma e Arizona, che accolgono 20 ragazzi in difficoltà tra i 14 e i 18 anni. Già la sera della Prima della Scala, in occasione della quale la struttura ha aperto le porte al quartiere per vedere lo spettacolo tutti insieme, segnalava: "Noi siamo al completo, rifiutiamo richieste ogni giorno". Perché le comunità faticano a stare aperte? "Sia per difficoltà a sostenersi economicamente (per ogni ragazzo, le istituzioni pagano una retta ma questa non è sufficiente) e sia per carenza di educatori. Noi ci sosteniamo grazie alle raccolte fondi e a una rete di una quarantina di volontari che ovviamente non sostituiscono il lavoro dei professionisti, sui quali investiamo molto, ne abbiamo 14 in totale, perché bisogna garantire la presenza di figure professionali e dare loro il giusto riconoscimento economico ma anche sociale. I ragazzi sono impegnativi, a maggior ragione quelli “difficili“: hanno bisogno di essere accompagnati, di percorsi personalizzati. Di impegno costante e quotidiano. Ma per questo servono risorse. E finché le istituzioni non investiranno sul serio saremo sempre punto e a capo, a rincorrere la situazione anziché gestirla". Si “rincorre“ la situazione anche al Beccaria? "Certamente sì, quello che è successo riflette le difficoltà del sistema: i numeri dei ragazzi da aiutare fanno paura, gli adulti non sono sufficienti, la situazione è esplosa. Mi dispiace che non ci siano le condizioni di “custodire“, è questo il verbo giusto, i ragazzi. E mi dispiace molto per i sette evasi che passeranno dalla padella alla brace, aggiungendo reato a reato. Aggravando la loro condizione. I giovani, non solo quelli in difficoltà, hanno la voglia di spaccare il mondo ma devono essere indirizzati". Chi sono i ragazzi che ospitate? "Minori stranieri non accompagnati, ragazzi allontanati da casa e altri sottoposti alla “messa alla prova“ dopo un periodo di detenzione. Il 70% è straniero. C’è sempre più bisogno di servizi come il nostro". E dovete rifiutare richieste? "Sì, le richieste di accoglienza sono quotidiane ma noi siamo al completo e ogni giorno dobbiamo rifiutarne. Le prossime dimissioni di ragazzi saranno a gennaio e solo allora ci potrà essere un turn over". Quali attività svolgono i ragazzi? "Ne offriamo diverse: “lingua sciolta“ per imparare l’italiano, Ciclofficina, orto. Apprezzatissimi i laboratori di cucina e di hip-hop".

 

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