di Ruben
Razzante*
La scomparsa di Giorgio Napolitano ha scatenato reazioni scomposte in Rete: molti odiatori seriali, i cosiddetti “leoni da tastiera”, si sono accaniti contro la figura del Presidente emerito della Repubblica con epiteti irripetibili. Il web e i social diventano, ancor più quando scompaiono personalità importanti della vita pubblica, il teatro privilegiato per invettive e insulti gratuiti. L’odio in Rete è uno dei fenomeni più allarmanti della nostra civiltà multimediale e chiama in causa le responsabilità di chi produce quei contenuti offensivi ma anche di chi istiga alla violenza verbale. E spesso si tratta di personaggi pubblici che non si rendono conto della conseguenza delle loro parole. C’è bisogno di introdurre normative efficaci ma anche e soprattutto di far crescere la cultura digitale, educando gli utenti ad un uso responsabile delle nuove tecnologie.
Un contributo alle azioni di contrasto all’odio in Rete, chiamato anche hate speech, potrà darlo la Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, presieduta dalla senatrice a vita Liliana Segre, che nei giorni scorsi ha inaugurato i lavori in Senato promuovendo una indagine conoscitiva che toccherà tutti i temi della commissione, dai riflessi dell’intelligenza artificiale sui discorsi di odio alle scuole, dal contrasto al bullismo alla formazione degli operatori e all’efficacia delle leggi europee in particolare il cosiddetto Digital service act, che da agosto si applica alle grandi piattaforme ma da febbraio prossimo sarà vincolante per tutti. Bene ha fatto la senatrice Segre ad appellarsi allo “spirito unitario” perché è necessario che tutte le forze politiche si impegnino a fondo per combattere l’odio in Rete, mettendo da parte almeno su questo gelosie e rivalità. Fermare l’hate speech è un dovere di tutti.
*Docente di Dirittodell’informazioneall’Università Cattolica
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