Milano, un esercito di nuovi poveri: "C’è il rischio rabbia"

Dai rider agli artigiani, migliaia di richieste d’aiuto alla Caritas. Il direttore Gualzetti: effetti per anni

Caritas Ambrosiana

Caritas Ambrosiana

Milano, 1 giugno 2020 -  Colf e rider, artigiani che campavano grazie a lavori in nero e camerieri rimasti senza lavoro. Un esercito di nuovi poveri che ha bussato alle porte della Caritas Ambrosiana nei mesi dell’emergenza coronavirus, in aumento anche dopo la fine del lockdown. Nella sola Diocesi di Milano, ricevono beni alimentari 16.500 famiglie, cinquemila a Milano. Prima della pandemia nel capoluogo lombardo erano 2500. Più di mille famiglie hanno chiesto aiuto al Fondo San Giuseppe per chi ha perso il lavoro: sono 524 le persone (il 49% italiani e il 51% stranieri) che stanno già ricevendo assistenza, per un totale di 593.900 euro erogati. "I prossimi mesi saranno decisivi - spiega il direttore della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti -. Conviene a tutti, anche alle multinazionali, evitare che esploda la rabbia dei poveri, le conseguenze potrebbero essere drammatiche".

Dopo il boom di richieste d’aiuto, avete notato un’inversione di tendenza con la ripartenza? "La sensazione è quella che le richieste siano ancora in aumento. Alle persone che seguivamo si sono aggiunti nuovi poveri, che non riescono ancora a ripartire. Quando finiranno gli ammortizzatori sociali potrebbero cadere nelle povertà altre fasce della popolazione, che ora hanno un minimo di tutele. Bisogna cercare in tutti i modi di tenerle a galla, perché altrimenti è difficile tornare indietro".

Come si potrebbe agire? "Quando c’è una ferita bisogna mettere un cerotto. Il Reddito d’emergenza va nella direzione giusta, ma bisogna fare in modo che non vada ai professionisti dei sussidi”.

Bisognerebbe riformare il Reddito di cittadinanza? "Mettere mano adesso al Reddito di cittadinanza, che già non funzionava bene prima, mi sembra velleitario. Anche perché in questo periodo la misura ha garantito un reddito minimo a persone in difficoltà. Bisogna mettersi attorno a un tavolo e fare un ragionamento serio sui bisogni, tenendo presente che il mondo del lavoro non può più basarsi su questa precarietà".

La crisi ha messo a nudo tutte le fragilità del sistema. "Fragilità non solo del lavoro ma anche della sanità, che spero possa reggere meglio l’impatto la prossima volta, e della scuola. Quanti studenti sono spariti dai radar? Il problema è che le conseguenze sociali potrebbero farsi sentire per i prossimi 2-3 anni".

Come presidente della Fondazione antiusura San Bernardino, nota segnali allarmanti? "È logico pensare che in una situazione del genere la criminalità possa approfittarne. Non abbiamo ancora segnali, ma questo non significa che non ci siano casi. Chi prende soldi in presti oggi, infatti, potrebbe rivolgersi a noi nei prossimi mesi".

Che insegnamento trarre da quello che è successo? "Dobbiamo capire che siamo tutti sulla stessa barca ma non siamo tutti uguali, perché ci sono persone più deboli che vanno aiutate. Se ne usciremo, e non è scontato, bisognerà creare un sistema sociale meno fragile. Attrezzarsi per reagire meglio alla prossima emergenza".

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