Guido
Di Fraia*
La pandemia ha cambiato le abitudini delle persone, confinate in casa, che si aspettano di poter accedere ai servizi utilizzando il web. Lo stiamo sperimentando tutti nell’attuale seconda ondata di Covid-19. Per evitare gli spostamenti e ridurre il numero di dipendenti negli uffici, diverse imprese internazionali stanno espandendo l’uso dei robot. In Italia, nonostante l’accelerazione al digitale imposta dalla crisi pandemica, le imprese hanno ancora un approccio molto disomogeneo e immaturo rispetto all’AI. Intelligenza Artificiale è un termine che si riferisce a un numero elevato di soluzioni e di campi di applicazione in grado di automatizzare procedure a basso valore aggiunto, potenziando alcuni servizi. L’ultima indagine di Iulm AI Lab (spin-off dell’Università Iulm) condotta su 230 aziende italiane, conferma che c’è ancora molta strada da fare. Delle aziende analizzate appena 25 offrono un servizio di customer care via chat. Di queste, solo il 13% incanala la conversazione col cliente attraverso domande “automatiche” di categorizzazione dei bisogni di assistenza. Analizzando i siti, sono stati rilevati appena sei chatbot attivi e funzionanti. I canali digitali, anche quando utilizzano sistemi automatizzati, ottengono buone valutazioni in termini di user experience dei clienti (in media 7,2 punti su 10). È quindi importante che le aziende si avvicinino rapidamente a questa tecnologia per non perdere competitività e poter affrontare al meglio le sfide poste dall’emergenza sanitaria.
*Prorettore all’InnovazioneIulm e Ceo Iulm AI Lab Iulm