MILANO "Ricerche del passato sostenevano che aumentando il ritmo e il volume della musica, il consumatore era portato a spendere di più. Studi più recenti sono arrivati a conclusione opposte: quando la musica è troppo alta il cliente è in qualche modo disturbato e non è portato ad acquistare di più, mentre quando i decibel sono moderati ha un atteggiamento più rilassato, migliorando il proprio profilo di spesa", spiega Andrea Ordanini, professore di Marketing e Service Analytics alla Bocconi di Milano. Qual è l’effetto della musica sui comportamenti di consumo? "Possiamo dire generalmente positivo, ma non in maniera univoca. Dipende dalla musica e anche dal punto vendita". Quanto conta allungare la permanenza in store? "È un aspetto secondario: non è detto che aumenti la propensione all’acquisto. Ad esempio il cliente non trova quello che cerca e dunque è frustrato; se l’acquisto è pianificato più si velocizza la spesa e meglio è. Gli studi accademici più recenti propendono per una spiegazione prettamente psicologica: quello che conta è la risposta emozionale del consumatore. Quando c’è un certo tipo di musica è meglio predisposto e ha più piacere ad effettuare un acquisto". Ci sono generi da evitare? "Brani che suscitano emozioni “estreme“: la rabbia dell’heavy metal o i contenuti di protesta di certo cantautorato sono banditi. Lo sforzo è più complesso per la Gdo che ha una clientela trasversale rispetto a una boutique di lusso che può fare scelte più selezionate". A. L.