
Lo studio del creativo tra giraffe XXL, conigli, rane e ovviamente gorilla "Ho iniziato a cinque anni: andavo a pesca e poi disegnavo tutti i pesci...".
Una giraffa dall’aria incantata sostiene un lampadario classico in stile Maria Teresa. Conigli di tutte le misure e colori come sedute. Piccole rane blu e verdi ad illuminare le sue idee. È così che accoglie gli ospiti nella sua residenza-studio il Re Mida del design: Stefano Giovannoni. Iniziamo dal luogo, un tipico edificio industriale a mattoncini rossi in una delle più belle zone di Milano, quello dove vive e lavora. "Acquistai questo immobile di via Stendhal, una ex fabbrica di turbine, nel 1999 per adibirlo a studio-abitazione-show room".
Appassionato di design sin da ragazzo? "Da ancor prima. A 5 anni andavo a pescare in barca la mattina presto con mio fratello: lui ai remi, io pescavo. E disegnavo meticolosamente sul mio quaderno ogni piccolo dettaglio di ciascun pesce. Il fatto che poi abbia fatto il designer nasce forse da lì".
Dopo la laurea in Architettura, a Firenze nel ‘78, e la ricerca in università si trasferì a Milano. "Qui ho avuto il piacere di lavorare con Ettore Sottsass e Alessandro Mendini. Tornato a Firenze, ho fondato con Guido Venturini il gruppo King Kong".
A Milano, Alessandro Mendini la introdusse insieme a Venturini al design industriale, presentandovi Alberto Alessi, che vi chiese di disegnare alcuni prodotti. Il giorno dopo nacque il famoso vassoio “Girotondo”. "Il prodotto in assoluto più venduto nella storia del design italiano. Nasceva dalla volontà di coniugare il design con la cultura figurativa popolare vicina al grande pubblico. Gli omini sul bordo del vassoio che si tengono per mano erano un po’ l’icona stilizzata della cultura figurativa; al tempo stesso portavano anche un messaggio positivo, di pace e fratellanza".
Ci racconti un aneddoto simpatico della sua carriera. "Risale proprio a quando disegnammo il “Girotondo”. Non ci decidevamo a scegliere il disegno dell’omino che componeva il vassoio, mentre Alessi premeva che consegnassimo gli esecutivi per la produzione. A un certo punto la cartolaia milanese di piazzale Siena, a cui feci fotocopiare i tre disegni alternativi di omini, mi chiese che cosa fossero. Io le rimbalzai la domanda: il primo omino le sembrava un disegno egiziano; il secondo non lo capiva; finalmente, vedendo il terzo, che era esattamente l’omino che i bambini ritagliano nella carta, esclamò “Ma questo è un omino!”. Le dissi: “Grazie signora!”. Il giorno dopo consegnammo i disegni per la produzione".
Milano capitale del design. Secondo lei è cambiata negli anni? "Sì, molto. Al mio arrivo era una città molto viva e stimolante, con luoghi come il bar “La Nave”, dove ti trovavi a diretto contatto con personaggi come Sottsass. Oggi è impossibile trovare certi personaggi in giro per Milano. Ma, grazie al design e alla moda, da città a misura d’uomo è diventata una città importante per gli eventi internazionali".
Il design crea cultura. È cambiato il concetto di design nel tempo? "Il design spesso diventa uno “status symbol” che mostra il nostro benessere economico, anziché mostrare la nostra identità e la nostra cultura. Ho sempre lavorato per un design democratico, che fosse raggiungibile da una grande massa di utenti".
Intelligenza artificiale: in che misura la usa? "Oggi la usiamo molto nell’elaborazione delle immagini e, indubbiamente, quello che prima facevi in un giorno ora lo fai in cinque minuti. Una volta inseriti i giusti input ottieni un risultato che difficilmente riusciresti ad ottenere in quei modi e in quei tempi senza la Ia".
Qual è la caratteristica che un designer di successo deve avere? "Dovrebbe innanzitutto capire se l’appeal del prodotto che ha disegnato ha un impatto capace di coinvolgere il grande pubblico. Nel contesto industriale, spesso gli investimenti sono molto alti".
Nel 2016 la sfida più grande. La fondazione di Qeeboo a Milano. "Dopo aver disegnato tutto quello che un designer poteva disegnare, la sfida più difficile è stata quella di creare il mio brand. Nella prima presentazione la “Rabbit Chair” diventò immediatamente l’oggetto trainante: primi ordini dalla Cina e poi vendite stellari ed eventi spettacolari luminosi a Pechino. Negli anni successivi, il Kong rosa, le Giraffe alte quattro metri e tanti altri oggetti iconici ed emozionali che hanno fatto di Qeeboo un’azienda dall’identità unica e immediatamente riconoscibile".
Il suo posto del cuore a Milano? "Il Bar Basso. Nei primi anni Duemila ho contribuito alla sua fortuna insierme agli amici James Irvine, Marc Newson, Jasper Morrison e Peter Hallen. Qui si svolse la prima festa del Salone del Mobile; poi è diventato un luogo irrinunciabile per le persone legate al mondo del design durante tutti i successivi saloni".